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Articoli su C.SiasArticoli di C.Sias
Con los ojos vueltos hacia el espejo de la superficie con los rayos del sol que lo atraviesan. Cristiano Sias |
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- Selezioni estere 2010 -
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10/2/2010 - Presentación do poemario y video Fundación CUMULUM (Lugo) :
Presentación 1/2
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Lectura poemas 2/2
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Fundación CUMULUM. Actividade: Presentación do poemario de Matías Castagnino (Rosario, Argentina) Impresiones Mínimas coa colaboración dos poetas: Cristiano Sias (Génova, Italia), Lyra Sierra López (León, residente en las Islas Seychelles) El universo circundado e Fernando Luis Pérez Poza (Pontevedra). Lectura de poemas - Data: 10 de febreiro de 2010 - Lugar: Galería Sargadelos (Lugo)
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09/2010 - De recitales y Presentaciones Casino Pontevedra (CULTURAL 37) : :
El poeta Matías Castagnino, en el centro, rodeado de algunas de las personas
que participaron en el recital poético celebrado en el Liceo.
El Salón Noble acogió en febrero un Recital Poético en
el que intervinieron Lyra Sierra López, Matías Castagnino,
Cristiano Sias y Fernando Luis Pérez Poza. Durante el
acto, organizado por la Asociación República de las Letras,
se presentaron los libros "El Universo Circundado" de Lyra
Sierra e "Impresiones Mínimas" de M.Castagnino.
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4/2009 Viva Rapallo - rivista mensile di Genova e Golfo del Tigullio :
Cristiano Sias. Il poeta che canta Rapallo
Rapallo attraverso gli occhi di un poeta: il rapporto con il mare, con i colori, con la gente - di Sonia Cosco
Cristiano Sias è un uomo che scrive, ma soprattutto che ama comunicare la sua idea di poesia: ironica, lieve, generosa. Si presenta come "informatico e poeta", di origine sarda, attualmente residente ad Arquata Scrivia, vive una simbiosi speciale con la Liguria e soprattutto con Rapallo.
Poeta solitario e appassionato, ideatore di Nuova Poesia (www.nuovapesia.com), un "salotto dove incontrarsi". Sias ha ricevuto negli anni importanti riconoscimenti. Pubblica le raccolte "La nostra spiaggia" (2002 - L'Autore Libri), "Bianca e Nero" (2003 - Penna d'Autore), Sogni Reali (2004 - Aletti Editore).
Lei ha sempre viaggiato molto ma continua a tornare spesso a Rapallo...
"Amo Rapallo, qui ci sono molti amici e persone che conosco per lavoro. Ogni volta è come tornare in un posto accogliente in cui ci si trova bene, dove fare tante chiacchiere con la gente. Sinceramente spero di tornare a vivere qui in maniera definitiva, una volta risolte alcune questioni personali".
Ha dei ricordi e delle immagini del nostro golfo a cui è affezionato?
"Ricordo che da ragazzo arrivavo alla foce del Boate per guardare il paesaggio e buttar giù qualche verso, raramente andavo per locali, passeggiavo piuttosto sulla scogliera".
Rapallo è infatti lo sfondo di una bellissima poesia tigullina "S.Pietro di Novella"... però con uno sguardo più obbiettivo, c'è qualcosa che vorrebbe rimproverare a Rapallo?
"Poteva diventare una Montecarlo del Levante ma ciò non è accaduto. Quello che manca a Rapallo secondo me è la valorizzazione della cultura locale. Si parla sempre dei grandi nomi, spesso personaggi scomparsi, bisognerebbe dare più spazio a quelli contemporanei".
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9/4/2008 LAURA VICENZI da Bassano del Grappa per la Narrativa E CRISTIANO SIAS, sardo di Arquata(Al) per la Poesia trionfano ad Aprilia (altrastampa.net) : di Alfredo Labate Grimaldi
In una atmosfera elegante, calda - e perché no, anche commovente- si è concluso, con la cerimonia di proclamazione e premiazione dei vincitori, il 1° Concorso Internazionale di Narrativa e Poesia "S.Valentino" 2008 "Io ti Amo", indetto dalla Associazione Turistica Pro-Loco di Aprilia.
La manifestazione, tenutasi sabato 29 marzo nella sala intestata a Giacomo Manzù e condotta e presentata da chi vi scrive, ha visto protagonisti scrittori e poeti che provenivano da tutt'Italia e dall'estero.
Il tavolo della presidenza era formato dal prof. Gianluigi Buccarelli, Presidente della Pro-Loco di Aprilia, organizzatrice del concorso e dalla giuria, composta dalla scrittrice Rossana Gabrielli, presidente, Liliana Morandini, poeta, Fiorella Giovannelli, fondatrice della Associazione culturale "La nuova musa" di Aprilia, Roberta Angeloni, scrittrice e dall'estensore di queste note, giornalista e critico teatrale.
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In sala, i vincitori e gli altri premiati, insieme a diversi partecipanti non entrati nella finalissima.
La scaletta della serata ha rispettato i canoni classici delle manifestazioni di questo genere, con la proclamazione dei vincitori, la consegna dei premi (soggiorni in località amene del litorale pontino, targhe d'argento, pergamene), foto di rito e lettura delle opere premiate e relative motivazioni tecniche, da parte di alcuni membri della giuria. Alcuni dei vincitori hanno dato essi stessi lettura delle opere premiate, aggiungendo alla serata momenti di vera, autentica commozione. A degna cornice del tutto, la sala, in penombra, era suggestivamente solo illuminata da diapositive artistiche su cui si leggevano mano a mano, i titoli delle opere premiate. Intanto nel sottofondo si faceva sentire, discreto, il violino del maestro russo Stefàn Barabath che poi, si è esibito anche in applauditi intermezzi musicali.
Laura Vicenzi, autrice ormai affermata della dolce, veneta Bassano, terra d'Arte per eccellenza, ha vinto la sezione Narrativa con un racconto di alto livello contenutistico e liricamente mosso dalla delicatezza della forma, "Al 54/b". Raggiunta, dal nostro microfono, per un parere a caldo sulla vittoria, si è mostrata in tutta la profondità dei suoi occhi e con la sua dolcezza, che ben s'accosta alle parole del suo racconto e all'anima della Terra gentile che le ha dato i natali e dove vive e scrive.
Cristiano Sias, con i suoi versi "Amami adesso", scritti, incisi quasi, sulla propria carne, ha vinto la sezione Poesia ed ha commosso l'intero pubblico con la lettura di una poesia sofferta, prova di quanto un artista possa dare di se stesso nelle proprie opere! Da noi avvicinato per l'intervista di rito, con giusto orgoglio ci ha ricordato le sue origini sarde dell'Oristanese (Ghilarza), con la sua faccia quasi intagliata dalla sofferenza che talvolta l'Arte dà come pegno ai suoi figli e che a lui, si legge nel volto, come nell'Anima.
Per quanto riguarda la Narrativa, il 2° premio è andato a "Speranza", un toccante racconto di Vincenzo Cerasuolo da Marigliano (Na), scritto con sapiente mano di scrittore e di Uomo!
A " Dal fiume di carta stagnola" di Mario Malgieri da Genova, poi, è andato il 3° premio per la Narrativa.
E' questo, racconto dal costrutto originale che non poteva prestarsi ad una semplice lettura. E' stata necessaria, quindi, farne una rappresentazione scenica a due voci recitanti, "il pastore" e "la ragazza che cucina", due statuine di terracotta d'un classico presepe napoletano, a cui Malgieri ha dato vita, anima... sentimenti!. Hanno interpretato il racconto, suscitando il plauso dell'autore, del pubblico e - come ci ha confessato dopo- brividi d'emozione alla Signora Maria Grazia Malgieri, Roberta Angeloni e chi scrive.
Dalila Sottani, delicata poeta di Sasso Marconi (Bo), con la sua "Crepuscolo riminese" si è aggiudicato il 2° premio, con un'opera romantica, ma dal taglio moderno e molto accattivante.
Il terzo premio della sezione Poesia si tinge dei colori del Belgio. Vincitrice, infatti, con l'opera "Io ti amo" è risultata Frieda Leemans, una fiamminga grande amante dell'Italia e padrona della sua lingua e che compone in lingua italiana. Quest'opera, dalla versualità, originale, quasi sperimentale, si colloca nel nuovo filone della produzione di questa interessante autrice di Meerhout.
Al 7° posto, 6°, 5° e 4° della sezione Poesia, si sono classificati rispettivamente Michele Prosperi, poeta giovanissimo di Genzano, Massimo Passeri da Tivoli, Alberto De Monaco di Aprilia con una commoventissima composizione dedicata alla Moglie e Benito Galilea da Roma.
A premiare, si sono alternati le due colonne della Associazione Turistica Pro-Loco di Aprilia: l'ottimo presidente, Gianluigi Buccarelli e l'instancabile vice-presidente, Silvano Calzolari.
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1/2/2005 Rivista Orizzonti n. 25 :
"Sogni reali" è un libro che ritorna al futuro e risveglia sensazioni assopite, miscelando picchi e anfratti dell'espressione di un istante con le immagini e i sapori colorati dell'armonica pianura dei nostri ieri. Come un invito a osservare e osservarci, senza utopie e rimpianti, affinché gli occhi isolati e confusi possano mai smettere di scrutare fiduciosi l'orizzonte di questo ineluttabile ed emozionante peregrinare.
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15/2/2007 Viva Rapallo - rivista mensile di Genova e Golfo del Tigullio :
Incontro e intervista con Cristiano Sias, poeta di fama nazionale residente a Rapallo
di Francesco Moccia
A pochi passi dalla caotica Rapallo, vive un poeta. Un poeta vero, come lo ha definito un noto critico e giornalista in un saggio sulla poesia italiana del novecento. Il suo nome è Cristiano Sias, informatico e poeta, frequentatore abituale, malgrado il carattere solitario, di movimenti e circoli letterari a livello nazionale, ricercatore di stili e contenuti, creatore della corrente dell'espressionismo istantaneo e sostenitore del nuovo movimento della Nouvelle Nausée (come si legge nel suo sito personale).
Ci incontriamo a S. Pietro di Novella, dove abita "come un eremita" da qualche anno. La prima immagine che ho di lui è suggestiva: lo trovo sull'antico ponte del paese, in piedi come una vigile sentinella che sfida il vento freddo, e subito mi colpisce il suo sguardo scuro e penetrante, l'aria un po' schiva e solitaria. "Sono in guerra... in guerra con il sistema", esordisce a voce bassa, tradendo un lieve accento sardo nella parlata. " Un sistema che ha trasformato anche la poesia in affari, business". Cristiano Sias è un uomo schietto, trasparente, che dice quello che pensa. Da poco, ha creato un sito letterario (nuovapoesia.it) aperto a tutti coloro che sentono dentro di sé il richiamo ad esprimersi, attraverso versi o pensieri o semplicemente vogliono esprimere le proprie opinioni. Un progetto senza scopo di lucro, che sta avendo un ottimo successo (oltre 150 iscritti e più di 30000 visitatori da luglio 2006), destinato ad ampliarsi e diventare un punto di riferimento per tutti coloro che amano la poesia e la letteratura, magari con la creazione di una piccola casa editrice.
"Anche se alcuni personaggi della cultura, o che si ritengono tali, stanno facendo di tutto per ostacolarmi..." denuncia con un sorriso.
Mi accoglie in casa e mi fa accomodare alla sua scrivania. Entro quasi in punta di piedi nella stanza ed ho la sensazione di trovarmi nel santuario creativo di Cristiano, dove i suoi pensieri e le sue poesie prendono forma. "Le mie poesie sono poesie d'amore", ci tiene subito a dirmi, sfogliando i libri delle sue raccolte e citando nomi di altri poeti.
Cristiano Sias, nella vita di tutti i giorni, fatta certamente di poca poesia e tanta fatica, è consulente informatico, sempre in giro per il Nord Italia. "Sono stanchissimo..." confessa. Cominciamo a parlare, parlare di poesia, ma anche della vita ed il suo sguardo pare accendersi. "In un'epoca di comunicatori e mezzi di comunicazione sempre più potenti, paradossalmente il linguaggio si è impoverito, appiattito, così come si sono impoveriti gli stessi rapporti umani", dice, "ed anche la poesia è stata screditata, ma dietro ogni poesia c'è una persona". Questo è per lui il ruolo del poeta oggigiorno: essere un guardiano delle parole e, di conseguenza, il custode delle emozioni che si nascondono sotto di esse.
Cristiano, pur abitando da poco a Rapallo, si è affezionato subito alle persone del piccolo paese dove vive, instaurando con loro un rapporto sincero ed aperto. Il suo legame con il Tigullio è forte, una terra che gli ricorda la natia Sardegna e dove la gente, seppur all'apparenza chiusa, si rivela profonda e sincera. " In questi luoghi c'è un'anima che non trovi altrove, che senti nell'aria, sia in città che in campagna ed anche la Natura è particolare".
Quando parla di sua figlia, ormai adolescente, i suoi occhi si illuminano. "Ha più talento di me", afferma con orgoglio. Ed a tutti i poeti in erba, ragazzi ed adolescenti, Cristiano ricorda di "non smettere di scrivere e far leggere le proprie opere, ed a non tenerle nel cassetto", anche di fronte alle critiche degli altri, che sono sempre costruttive.
Cristiano Sias è un pozzo di iniziative ed idee. Oltre a fare il consulente informatico e curare i suoi siti letterari, si sta occupando di tradurre, parola per parola, dal sardo antico all'italiano, una vecchia opera di suo nonno, una trasposizione del poema epico Paris Vienna.
Un vero letterato insomma, un guardiano delle parole, ma anche di quelle emozioni e di quei sentimenti nascosti dietro il volto delle persone, che qualcuno vorrebbe ridurre a merce, opportunità di guadagno, ma che solo un poeta, un poeta vero sa cogliere.
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16/11/2004 IL SECOLO XIX :
Per i bimbi in difficoltà - Raccolta benefica di poesie
La poesia a favore dei bambini. Questo è lo spirito dell'iniziatìva del Circolo Banchina di Liberodiscrivere, il club letterario su Internet, che ha presentato nei locali dell'Associazione Culturale Satura iI volume di poesie "Sogni reali" di Cristiano Sias (Aletti Editore). Il poeta, sardo di origine, genovese di adozione, ha deciso di devolvere il ricavato della vendita del suo libro alle associazioni "Treno a vapore" e "Aquilone blu", che si occupano della protezione e dell'educazione dei bambini. Sias ha ottenuto numerosi riconoscimenti in concorsi poetici nazionali e ha già pubblicato la raccolta "la nostra spiaggia. In "Sogni reali" Sias, come spiega efficacemente nell'introduzione, sollecita il lettore ad andare a ripescare nelle "soffitte" della sua memoria per ritrovare il suo io più autentico, l'armonica interazione con il mondo che lo circonda, un "sogno reale" appunto, in contrapposizione a quelli virtuali che la nostra epoca ci propina in abbondanza. Un messaggio che chiude anche la poesia che da il titolo alla raccolta: "quando la quotidianità ci assale| diventa un in cubo irreale/ li facciamo nostri ora... ce ne andiamo/ incantati felici salvati/ dai nostri piccoli sogni reali".
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12/11/2004 di Plinio Perilli - critico/saggista/poeta :
"Eppure questo sogno reale potrebbe essere la nostra salvezza", scrive e ammonisce Cristiano Sias alias Se Es, in nome di una poesia onesta, come la voleva Saba, votata a trasfigurare le emozioni vere in piccoli o grandi eventi dell'anima.
Un sogno a occhi aperti - una fantasmagorica stanza degli specchi - che zucchera quotidianamente l'amaro e illumina i chiaroscuri di ogni "effimera incomprensione"... Ma il suo, e nostro "io frantumato" proprio con questo si rinfranca, e coltiva l'orgogliosa, coraggiosa speranza d'innaffiare "come radici secche" le ansie e gli ideali in cui da sempre crediamo. "Là dove tutto non è finito"...
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Circolare n. 10 - 12 novembre 2004 Circolo Letterario Banchina - Genova.(presentazione libro Sogni reali assoc. Satura-Ge) :
Cristiano Sias (Se Es)
(omissis) __________________
titolo del libro SOGNI REALI
Nro Pagine 62 - Prezzo 12 euro - Aletti Editore
In occasione della lettura del manoscritto Guido De Marchi ha scritto:
"Sognare è fondamentale. Chi non sogna, così come chi non ama o non ha mai amato, non può dire di aver vissuto. L'amore è intorno a noi, nell'aria che respiriamo, negli atti quotidiani, granelli di sabbia che si posano lenti sulla spiaggia della storia dell'umanità.
Amare la poesia, una persona, se stessi, un colore, un ricordo, un sogno. Sognare di amare è già amore. In quanti sorrisi, in quanti sguardi o parole intravisti per strada o in una chat vediamo questo... anche nelle disgrazie e nell'odio che incontriamo ogni momento c'è voglia d'amore, desiderio di creare, a volte sbagliando, distruggendo, indirizzando i nostri sforzi verso mete inesistenti o facendo del male agli altri.
Ma quello che rimane alla fine, quella sensazione leggera dentro noi che ci fa respirare alla ricerca di nuovi profumi o di una nuova strada, anche quella sottile tristezza o frustrazione, tutto questo è coscienza d'amore.
La "consapevolezza dell'inesorabilità del tempo che tutto coinvolge e macina".
E' qui che nascono i "sogni reali" e quelli virtuali ed è qui che ci si misura costantemente con il mondo in cui si vive cercando una ragione dell'esistere che vada oltre la semplice consapevolezza di sé."
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27/2/2004 Edizioni il Filo - Bianca e Nero di Maribì e Se Es (Marinella Belussi e Cristiano Sias) :
In questo lavoro a due voci, che equilibra perfettamente le due facce di una stessa anima lirica ruggente e decisa, appare difficile non lasciarsi andare al desiderio di compartecipazione, sintonia e contaminazione con i versi. La parola poetica diventa infatti strumento dialettico per eccellenza in cui le due personalità di Maribì e Se Es (o se vogliamo di Bianca e Nero) si contrappongono e si bilanciano in maniera perfetta. Si tratta di una sfida, di un rilancio continuo in cui vittima è soltanto il lettore di passaggio, poco attento alle sfumature e ai dettagli lirici ("Ti piomberò sulla testa/ per sbriciolarmi su di te/ nella nebbia soffocata/ di cristalli d'arcobaleno"). Tema di fondo, come abbiamo accennato, il confronto, la sfida, ma da qui partono miliardi di possibilità espressive che portano le due voci a parlarsi, a spingersi nelle direzioni più bizzarre, rischiose e inusitate. La parola diventa fluido e quindi spazio che si contrae e avvicina gli animi dei protagonisti intenti a rivelarsi nelle loro passioni, emozioni, illusioni di insondabili necessità e nostalgia ("Il giorno ti scivola tra le dita/ pensi già al domani./ Appuntamenti,/ sorriso sui denti/ strette di mano./ Ripide salite/ il mare lontano..."). Compagna di questo viaggio è la ritmicità, la sonorità dei versi fatti prima per essere ascoltati e poi riletti, con in corpo ancora il sentore di una voce calda e umana. Stilisticamente, quindi, non può mancare un recupero dell'assonanza, strumento ideale per creare aderenze semantiche anche fra termini distanti fra loro e che trovano conferma anche nel parlato quotidiano. Una poesia delle contemporaneità, quindi, che rimette la sperimentazione e la ricerca lirica al centro del proprio percorso di crescita e maturazione letteraria.
Nel complesso, un lavoro positivo ed interessante
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Circolare n. 5 - 10 ottobre 2003 Circolo Letterario Banchina - Genova. :
Cristiano Sias - in arte Se Es - ci ha proposto una bella serie di sue poesie e, a seguito di alcune osservazioni sulla metrica, ne è poi scaturito un interessante dibattito sugli aspetti del verso, sulla validità o meno della metrica ai giorni nostri, sulla musicalità dei versi, sulla contaminazione tra poesia e messaggio visivo ed altre interferenze (immagini, suoni, e altro). Su questo argomento sarebbe interessante un intervento dei soci e sarei dell'idea di proporlo come tema per una serata particolare da programmare.
Nel corso della discussione è emersa una certa disparità di idee in merito, ma si è pure evidenziata una linea che, pur riconoscendo alla metrica una sua validità strutturale, non trascura però il tema alternativo della composizione libera che trova invece una sua giustificazione proprio nello spezzare il verso, un pò alla maniera della musica moderna che spezzetta i temi della melodia in nuove ricerche che rendano più attuale l'attività musicale (noi genovesi ricordiamo benissimo Berio). (omissis)
La lettura delle poesie di Sias ha subito evidenziato un fatto che la dice lunga sulla dolcezza e la malinconia dei suoi versi. Non c'è in Cristiano una esasperata ricerca di carattere stilistico né una ostentata padronanza del verso. Quella di Sias non è una poesia che possa essere declamata: va giustamente sussurrata, come ha fatto, nonostante l'invadenza dei rumori dall'esterno (ah! Un microfono quanto sarebbe servito!) con notevole padronanza, perché la sua è una poesia che parte direttamente dal profondo delle sue emozioni, con rattenuto pudore ci coinvolge nel suo vissuto, senza chiedere partecipazione, come uno stormire di fronde che pian piano si fonde coi mille suoni della notte.
(omissis)... ritengo che quel 19 settembre egli ci abbia omaggiato con alcune delle sue composizioni più belle e più profonde.
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Circolare n. 4 - 19 settembre 2003 Circolo Letterario Banchina - Genova :
"Sogni reali"
Dall'introduzione al volume omonimo:
C'era un tempo in cui "esistevano" i sogni. Con questo non intendo dire che oggi non esistono più. Ma nel XX° secolo, che ha visto in pochi decenni evoluzioni superiori ai duemila anni che li hanno preceduti, anche i sogni hanno avuto una loro "trasformazione". Si presentano sempre a noi in modo indefinito o quasi tangibile, a tratti però distaccandosi dalla loro stessa dimensione. Questa frattura è talvolta cosi' netta che le immagini dimenticate delle nostre radici e la ricerca inconsapevole di un'antica armonia, ritenuta spesso a torto perduta per sempre, si accumulano e si confondono nei ritmi della quotidiana corsa verso il futuro.
Parrebbe persino che la stessa dimensione onirica abbia aperto le sue nuove porte a rivoli intercomunicanti di mondi un tempo neanche lontanamente immaginabili...
Non è sbagliato oggi parlare di sogni virtuali e sogni reali.
Sono due tipi di sogni strettamente correlati, ma tra essi vi è la stessa differenza che esiste fra "l'essere amati dalla vita" e l'amarla.
Non so se vi è mai capitato di passare una ricorrenza importante, per esempio il vostro compleanno, senza parlare con qualcuno nè ricevere una sola telefonata. E' un'esperienza che non auguro a nessuno. Eppure pochi momenti nella vita di un uomo danno un simile senso dell'oblio, del tempo, dell'immensità e della insignificanza della nostra realtà, come quelle giornate passate in compagnia della televisione o di una bottiglia. Niente ci riconcilia di più con il nostro equilibrio e il nostro ambiente vitale.
Naturalmente mi riferisco a situazioni "normali", senza influenze esterne, come conflitti familiari o nervosismi di lavoro, o interne, come depressioni o gravi psicopatie.
A me è capitato proprio in uno di quei giorni di sentirmi così integrato e in perfetta simbiosi con l'universo intero da ritrovare una sensazione di pace, di serena voglia di vivere e godere ancora delle vecchie e nuove scoperte della vita.
Ma non è necessaria una giornata cosi' per ritrovare queste sensazioni.
Nell'esistenza di ognuno di noi c'è una soffitta. In quell'angolo dove abbiamo relegato la nostra infanzia, i nostri ricordi, c'è un sottotetto di ragnatele dove pian piano finiscono giocattoli smessi, grammofoni vecchi o rotti, fra lettere d'amore, piccoli chimici e album di figurine.
Anche chi non ha mai avuto la "sua" soffitta, se la cerca bene finisce per trovarla. Magari in qualche "addormentato" rispostiglio dentro di se. Un sottotetto o un sottoscala di una casa o dell'anima, che improvisamente spunta fuori in una chiacchierata con il "vecchio" padre o la mamma o un nonno. O nei ricordi di un parente, incontrato dopo chissà quanto tempo.
In quel "ripostiglio" c'è sempre un vecchio baule con le cinghie corrose e i manici ossidati, pieno di cianfrusaglie e foto ordinate o sgualcite, come radici dimenticate di un albero che pure guardiamo distrattamente tutti i giorni, senza vederlo ormai neanche più. Perché è lì, fa parte dell'ambiente che ci circonda. Non ci appassiona nè ci attrae finchè qualcuno di passaggio non ci dice: come è bello quell'albero. Allora ci scuotiamo, gli diamo un'occhiata superficiale e diciamo: si, è vero, è bello. Non pensiamo a quanta vita respira sotto di lui, nel suo mondo sotterraneo grazie al quale ogni primavera il nostro sogno-desiderio di vederlo rinverdire diventa reale consapevolezza della nostra stessa realtà e di quell' "armonica integrazione" con il mondo che ci circonda.
Eppure questo sogno reale potrebbe essere la nostra salvezza.
Se Es
Cristiano Sias
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6/11/2010 Mini guida di sopravvivenza sul social-netshow: meglio bestemmiatori che artisti. :
(Ovvero: se credete che il problema della spazzatura sia solo campano vi sbagliate di grosso)
( La riflessione)
Credo che tutti sappiano cosa sia un troll nel gergo di internet, una parola - dice Wikipedia - che può assumere diversi significati a seconda del contesto. Generalmente si tratta di un personaggio disturbato imbroglione millantatore sobillatore e provocatore che stupidamente ma accuratamente crea confusione agita attacca insulta in modo palese o subdolo con il solo scopo di creare scompiglio irritazione e caos. E quanto più voi vi irritate più costoro sono contenti di avervi trascinati nel loro sporco gioco di distruzione. "Un troll tenace può causare la fine di una comunità virtuale", ma per saperne di più vi rimando alla definizione che la stessa Wikipedia dà di questo virus umano del 3° millennio. Non v'è dubbio che l'avvento di Facebook abbia scatenato i peggiori psicopatici della rete a dispetto delle rassicuranti opinioni delle varie autorità in materia che dicono per esempio che la pedofilia sul social network sia un fenomeno marginale. In realtà sono solo cambiate le forme di espressione e contatto, le pagine spazzatura si moltiplicano con grande rapidità e malgrado le innumerevoli segnalazioni ricevute riescono a mettere in difficoltà i gestori di questo sito in maniera così rilevante da suscitare dei sospetti sulla reale capacità (volontà?) di Facebook di far fronte a questi fenomeni.
Combattere un troll in effetti è molto semplice, basta ignorarlo e si estingue da solo. Ma cosa dire dei danni che nel frattempo ha fatto in un sito dove si collegano adolescenti e bambini? C'è da aggiungere inoltre che esso non è il male peggiore.
( La situazione)
Su Facebook sopravvivono infatti, spesso indisturbati per lungo tempo, pagine di bestemmiatori della peggior specie, truffatori, inventori di bufale, diffamatori, falsi vip, persino una falsa pagina della Finanza e di tutto e di più. Chissà cosa ne pensa dei suoi 400mila amici il simpatico Fiorello, che dichiara di non sapere cosa sia Facebook (vedi link in basso). Non avete scampo, prima o poi per una ricerca casuale o un clic distratto finirete per incrociarli e chiedervi come mai essi siano lì, malgrado le segnalazioni, la evidente gravità, l'oscenità del linguaggio e lo squallore che farebbero impallidire una vecchia prostituta di via Pre liberamente esposti agli occhi di chiunque, adulto o bambino. La risposta è semplice: questo sito è talmente omologato, bacchettone e ipocrita che per dare l'esempio di una severa osservanza delle regole preferisce prendersela con persone indifese e/o ingenue che commettono l'errore di evidenziare pensiero e arte invece che il normale scadimento sociale: il Pensiero e l'Arte sono due elementi che nella nostra società sono da anni ormai sacrificati alla filosofia del Grande Fratello.
FB e GF: due sigle portanti del nostro sistema.
( Il consiglio)
Se quindi siete dei puri ingenui e amate l'arte a 360 gradi cercate di limitarvi e dimenticate di avere una mente aperta. Se poi amate la pittura o la scultura il rischio che correte è ancora più grande. Fate estrema attenzione a non pubblicare foto di quadri come Bluenude del trafficante Picasso, o Nudo sdraiato del pornografo Modigliani, oppure l'Adamo del noto gay Leonardo da Vinci. E non sognatevi neppure di mettere una foto del Davide di Michelangelo, un uomo nudo e muscoloso senza pudore (oddio!), poco importa che sia esposto in una piazza sotto gli occhi di neonati e piccioni: qui essi non sanno cosa siano queste opere e se non siete dei trolls sarete bannati all'istante senza alcuna spiegazione. Se poi avete commesso l'ingenuità di rendere visibile la vostra bacheca non solo agli amici, ma anche agli "amici degli amici" e successivamente avete cambiato idea... molto probabilmente qualcuno fra loro potrebbe risentirsi e mandare una gentile segnalazione che aggiungerà al danno il marchio perenne dell'infamia.
( Il fatto)
La mia amica Angelina Cuorepuro (il nome è inventato ma l'episodio è reale) non credeva di commettere un misfatto pubblicando la foto di un quadro appeso ad una parete del museo d'Orsay a Parigi visibile da tutti i visitatori d'ogni età: l'origine de mondo di Gustave Courbet. Certo un quadro un po' "forte" di quasi un secolo e mezzo fa, un gesto forse imprudente, ma comunque un'opera d'arte di inestimabile valore, un capolavoro del realismo ottocentesco. Ci vollero quasi due secoli nella moderna Europa perché l'ignoranza della Polizia Portoghese sequestrasse dei libri con la foto dell'opera in copertina per pubblica pornografia. Era il 2008. Poteva essere da meno Facebook? In fondo il livello culturale del blog era tale che forse bastava cancellare la foto, come fanno i sistemi di sicurezza dei forum e blog di tutto il mondo, o sarebbe stato chiedere troppo? Certamente si, con un tempismo sorprendente, immediata fu la cancellazione dell'account e l'invio di questa mail senza appello:
Hello, Una foto che hai caricato viola le nostre Condizioni d'uso, pertanto è stata rimossa. Facebook non consente la pubblicazione foto che attaccano individui o gruppi o contenenti immagini di nudo, violente o sull'uso di droghe, oppure che violano in altro modo le Condizioni d'uso. Le nostre politiche sono progettate per garantire che Facebook rimanga un ambiente sicuro, protetto ed affidabile per tutti gli utenti, compresi i numerosi adolescenti che usano il sito.
Se hai domande o dubbi, puoi visitare la nostra pagina delle FAQ all'indirizzo
. The Facebook Team
Letta la mail? Se queste condizioni fossero applicate alla lettera è certo che FB non avrebbe 300milioni di iscritti (o 3 miliardi, quanti diavolo siano ormai nessuno lo sa) ma qualche decina di milioni al massimo e forse esagero...
La mia amica Angelina, come tutte le anime candide, non capisce né demorde, scrive una mail senza ottenere risposta, ricrea un altro account uguale, naturalmente senza Courbet, bacheca visibile agli amici degli amici, pubblica una poesia erotica (quale errore, fra gli amici degli amici potrebbe esserci un minorenne per il quale va benissimo un "p***o Dio" ma non versi come "Spalmami il rosario tellurico delle parole sotto all'ombelico") e ZACK, cancellata di nuovo stavolta senza mail, col sospetto senza prove di un ex amico un po' "cattivello".
Potrei fermarmi qui, ma è utile sapere della terza re-iscrizione: uno pseudonimo stavolta, subito sospeso (non cancellato, ma non si poteva fare così anche per gli altri?) con la richiesta di accertamento della reale esistenza di un titolare attraverso un numero di telefono e l'avviso che su questo account risultavano movimenti "sospetti". Il tutto tramite vorticose finestre pop-up prima e sms poi con immediata riattivazione dell'account senza preavviso e registrazione mai richiesta al servizio FB Mobile (gulp!). E tutto in un tempo molto breve senza la possibilità di capire cosa stesse succedendo... ma finalmente i pericoli erano finiti, stavolta la mia amica aveva agito bene e poteva stare tranquilla, si era comportata proprio come si sarebbe comportato un troll...
Ricordatelo amici, altrimenti rischiate la cancellazione dell'account, così come la sto rischiando io con questa scomoda verità e la mia immensa ingenuità. Ditelo che ero "un bravo ragazzo" quando non sarò più qui o mi verranno a prendere a casa...
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Mi fermo qui, il profumo di questa spazzatura mi procura una nausea di altri tempi.
Mi scuserete
" Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense.
Queste parole da lor ci fuor porte."
_________________ Cristiano Sias
(pubblicato anche su http://nuovapoesia.forumup.it/about6542-nuovapoesia.html e su vari siti internet
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Con los ojos vueltos hacia el espejo de la superficie con los rayos del sol que lo atraviesan. Cristiano Sias |
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18/9/2010 La vera faccia del buco :
Vi parlerò oggi di un polipo che avvolge le nostre vite e le nostre attività lavorative, le cataloga, indirizza, condiziona, trasforma e... persino controlla.
Ricordate quale fantastico, inimitabile, magico e insieme pericoloso serbatoio di sogni è stata Internet negli ultimi dieci anni? Un turbinio nel quale sono sorti siti a tema, vere centrali di notizie, forum tecnici, di storia, geografia, discussioni scientifiche, artistiche e letterarie in un crescendo esplosivo senza sosta nel quale tutti potevano esprimersi ed evolversi.
Nessuno apriva più la sua preziosa Treccani e persino gli hackers - che gran regalo ci fecero con gli mp3 e Linux - ritornarono buoni difensori dell'informazione libera, della tecnologia avanzata e si chiarirono competenze e posizioni. L'informazione era alla base. Su internet io seppi delle Twin Towers e del terremoto in Abruzzo prima che uscisse la notizia Ansa. Su internet conobbi persone di valore, superai confini della conoscenza inimmaginabili, grazie a essa pubblicai il primo libro e sviluppai relazioni internazionali, trovai lavoro amicizia e amore.
A Internet va il grande merito per esempio di avere salvato la cultura popolare nel mondo e averla "internazionalizzata".
Poi, di colpo, tutto cominciò a rallentare. Per noi addetti ai lavori, piuttosto che per i tanti ciechi che navigano sul web senza alcuna conoscenza dei suoi "fondali", la sensazione fu immediata. La gara alle community incontrollate divenne competizione di accessi affaticando ogni settore di nicchia. I siti di scrittura si svuotarono, alcuni chiusero, altri forum di discussione appassirono. La gente sembrava stanca.
La domanda era: ma dove sono andati tutti? E ci accorgemmo che tutto questo aveva coinciso con l'arrivo di "Lui".
Sì "Lui", il mostro. Troppo strana per essere solo una coincidenza.
Il "sesto continente".
Il "mostro" Facebook.
Ricevo da un po' di tempo mail e telefonate del tenore di quella di ieri: "Ho un amico disegnatore satirico su FB, è la terza volta che gli cancellano il profilo, ora ne ha uno nuovo, ma ha grossi problemi di comunicazione...non riceve messaggi personali, non li può mandare...gli cancellano post e commenti. Ma cosa si può fare per questo comportamento così ANTIDEMOCRATICO...censorio dello staff di FB?"
Non so cosa abbia fatto di terribile questa persona con le sue vignette umoristiche, ma il caso è molto diffuso. Sai che novità. Oggi se non è una vera novità nulla ci colpisce. Ci passa davanti ed è già dimenticata. Andiamo a fare un giro in quel sito e notiamo senza stupore - ormai siamo abituati a tutto, appunto - che resistono impunite pagine segnalate come pedofile, proclami per criminali e di quanto di peggio e demenzial-volgare si possa immaginare... vignette no e parolacce sì, e ci si accorge che qualcosa non quadra.
Cosa si può fare, mi chiedete? Semplice: se qualcuno ti delude basta non frequentarlo più. Eppure ecco tutti lì ancora insieme, come polli intorno alla mangiatoia...
E' sintomatico come l'arrivo di facebook abbia coinciso con un ciclico "ri-addormentamento" globale della psiche e del corpo, a tutti i livelli, sviluppando impietoso nel momento in cui la crisi si faceva più acuta e le menti deboli erano pronte a riceverlo, virus paziente in attesa del momento giusto, con le difese immunitarie al minimo, per cominciare a nutrirsi della vittima prescelta e diventare quindi una componente essenziale del suo quotidiano e delle sue abitudini.
"Non ti seguiranno, si divertono troppo".
Roba per menti "aperte"? Non dirlo neanche per scherzo! Ti farebbero a pezzi.
Io ne presi le distanze pubblicamente tempo fa. Lo feci quando mi resi conto che quel posto non è un libro di facce ma un vero buco, un buco nero che risucchia e dal quale non sai come potresti uscirne, se sarai capace di uscirne. Perché come fa a rinunciare di colpo a mille amici, anche se sa che non li vedrà mai e che non gliene importa nulla di loro, la mia amica massaia che in 20 anni ha conosciuto sì e no il salumiere, il panettiere e la parrucchiera dell'isolato e ha fatto un corso di uncinetto per corrispondenza senza che nessuno le dicesse mai che razza sarebbe se fosse un cane??
Tutto cominciò come una rivoluzione e solo ultimamente questo buco nero sta mostrando la sua vera faccia "modellatrice" di uomini: l'invenzione del socialnet-stereotype, un'idrovora delle facce, altro che libro.
A me come tutti, hanno cancellato applicazioni, contatore, html, persino l'immagine con il link al nostro sito e le poche applicazioni intelligenti che avevo trovato. Cioè, su quelle pagine, le uniche personalizzazioni possibili, che piacciono tanto a un webmaster e che è meglio che altri "non tocchino". Inoltre non si possono più segnalare le note, quindi non è più possibile far sapere agli "amici" le proprie idee e condividerle... A che serve allora?
(Qualcuno mi ha riferito oggi di ricevere regolarmente le segnalazioni delle note, i famosi "tag". Se questa notizia fosse confermata, la situazione sarebbe molto grave: avremmo infatti la prova di una gestione inaffidabile e una censura "mirata" e personalizzata oltre alla totale assenza di ogni tutela sulla privacy e sui diritti dell'individuo.)
"Bene, BRAVI" scrissi di getto in bacheca "sa tanto di regime. Ma noi che ci stiamo a fare in questo oratorio virtuale gigante dalla grafica orribile?? Torniamocene a casa."
Ora aspetto di essere bannato, a testa alta. Ma temo non vogliano concedermi questo onore.
...
Amici del web, che ne dite, ne abbiamo davvero così tanto bisogno dei social networks? Non è forse arrivato il momento di dire "basta" e ritrovare la nostra identità, il nostro spazio, i veri amici, la nostra famiglia?
Il mio appello è rivolto agli esseri pensanti del web, a tutti coloro che non abbiano un interesse diretto nella difesa di quel luogo e di luoghi simili, o che ne abbiano avuto persino un danno, e a coloro che credono che Internet sia soprattutto da tutelare, non da soffocare, indirizzare e reprimere sulla base di falsi moralismi o per puri fini utilitaristici.
_________________ Cristiano Sias
PS: Il termine socialnetwork è composto dalle parole social (sociale) net (rete) work (lavoro), cioè una rete di persone connesse fra loro da legami sociali e professionali. Facebook, ormai per tutti feisbuc, è composto dalle parole face (faccia) e book (libro). Se è vero che "Nomen omen" (un nome un destino), notiamo che nessuno dei due è utilizzato correttamente per ciò che sembrerebbe rappresentare. Oggi sarebbe più corretto dire "Nomen facie" (il nome... dell'apparenza).
L'articolo completo su Nuovapoesia:
Vecchio forum Nuovapoesia
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4/5/2010 Giù le mani dalla mamma! :
Il grido sia unanime: sta prendendo piede in Italia il vezzo, che rischia di diventare una deprecabile abitudine, di identificare la seconda domenica di Maggio, dedicata alla festa della mamma dalla maggior parte dei paesi del mondo, con la "festa della Primavera". Cartelloni riportanti la pubblicità di questa festa compaiono un po' ovunque. A prescindere dall'opportunità di fare una festa per una stagione, per giunta uggiosa come questa, perseverando in un intento periglioso (si farà poi anche la festa dell'inverno, dell'autunno, contro la zanzara o perché no per la tutela degli spazzacamini estinti?), la festa della mamma era l'unica rimasta senza panettoni, uova, calze appese, mimose e zucche forate, conservando nel tempo la sua naturale purezza. Oggi vogliono commercializzare anche quella e cominciano a provarci sempre più, fra azalee contro il cancro fiorite con una banca (gulp), azalee il cui ricavato verrà devoluto ad associazioni di volontariato del territorio (cioè tutti coloro che si offriranno volontari per prendere i soldi) o ancora azalee per il villaggio di Fanhar della Guinea (ma chi lo conosce... e come riconoscere le une dalle altre?), e persino la "primavera democratica" per promuovere mostre fotografiche con relativa lotteria (gasp), o la primavera per vendere birra, ecc.ecc. . Insomma Signore e Signori, si stanno vendendo anche la mamma. Prima o poi, vedrete, ci rifileranno anche un reality "la Grande Madre" o "L'isola delle Mamme famose".
No, diciamolo, questa confusa mescolanza mamma=primavera=affari=bagordi&baccanali a noi piace proprio poco. A meno che non si parli della primavera della vita, sulla quale potremmo anche discutere. E siccome un Poeta risponde sempre in Poesia, a tutte le mamme e a "queste" nostre "primavere" io dedico i miei poveri versi "antichi":
Quando mamma cantava
C'era una volta, una mucca bisava
nel box che allora chiamavo garrage.
Il latte era umile, il caglio tremava,
non esisteva outlook, e l'ommepage.
Strano, a quel tempo, ricorderò male,
non era più verde l'erba lontana.
Priva di chiusa, e di un buon animale,
si direbbe, oggi, una corte scrivana.
Correvo via, quando mamma cantava,
- amore, è vivere lo stesso sogno.
In fondo, un unico specchio, bastava,
dove non c'è falsità nel bisogno.
Anche inquisiti, eravamo contenti
d'esser gaglioffi, pur senza un picì.
Non c'era, in case senz'altri lamenti
la marmellata, con lo stesso ipì.
Certo, era dura, dover aspettare
una carezza ricevuta in dono.
Non era lacrima affondata in mare
l'unico crimine senza un perdono.
Andavo via, quando mamma piangeva,
quel dì dell'attimo che si ribella.
Mi disse, a lui che le sopravviveva:
- fai una poesia, e sia la più bella.
Disse, e sentivo d'essere ormai grande:
- ogni poesia, val mille ghirlande.
(a tutte le mamme del mondo)
_________________ Cristiano Sias
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28/4/2009 Disinformazione trasversale o piramidale? :
(Poesia, comunicazione e minacce - articolo di Cristiano Sias per Nuovapoesia )
" ci sono tante novità, ma prima di tutto restiamo sempre accanto a chi difende la civiltà, il rispetto e la libera comunicazione ed espressione, artistica e sociale" (staff NP)
Così alla fine anche noi siamo sbarcati sul continente Facebook e la prima sensazione è stata proprio quel dubbio, espresso nel titolo di questa lettera aperta, che vorremmo condividere con voi, se avrete la pazienza di leggerla fino in fondo.
Il termine trasversale è utilizzato per definire un'iniziativa o una idea sostenuta o condivisa da persone, movimenti o correnti di pensiero differenti e sovente in netta contrapposizione fra di loro, sia nel bene sia nel male. Trasversale infatti è l'arte, la mafia e gli spaghetti. Sicuramente lo è la solidarietà di fronte a disgrazie come quelle dell'Abruzzo, quando è sincera, o la stupidità umana, che mai conosce colori o frontiere. Questo, lo sappiamo.
Ugualmente, ognuno di noi è informato sulla periodicità regolare e crescente di segnalazioni da parte di persone appartenenti al cosiddetto mondo dell'informazione, riguardo ai continui tentativi di manipolazione e controllo della stessa.
Quello su cui siamo forse meno informati è il recente strasbordare di questo controllo verso i ceti più bassi della popolazione, quelli per intenderci seguiti con sempre maggior attenzione dai media ma che certamente media non sono. Semmai dei media essi sono un target, o il "bersaglio", traduzione italiana sicuramente più appropriata. Tranquilli, non parlo qui di privacy, carte di credito o telecamere, ma proprio del più elementare diritto umano, quello di poter esprimere liberamente la propria opinione, qualunque essa sia. Ritengo che il fatto che questa tendenza si stia lentamente ma decisamente insinuando nel quotidiano di ogni singolo cittadino, e cioè del semplice piuttosto che del dotto e dell'organizzazione di potere, sia ancora più pericoloso per la nostra società.
E' vero che ormai più nulla ci sorprende. Sembra normale per esempio che il nostro ministro della programmazione economica ci faccia spendere oltre sei milioni di euro l'anno per spostarsi da casa all'ufficio perché non vuol fare 50 km in auto o che la Carige pubblicizzi sul suo sito - senza vergognarsi - di aver donato la fantasmagorica cifra di 100 mila euro all'abruzzo, esattamente come se io pubblicizzassi sul mio di aver dato un euro al mendicante sotto casa.
No, non si tratta più di minacce e attacchi a giornalisti che fanno servizi sulla mafia, sulla droga, terrorismo o quant'altri mali sociali, come la coraggiosa Gabanelli della trasmissione Report, costantemente tenuta sotto sorveglianza e protezione. Qui si va a toccare i deboli, i "senzavoce", è qualcosa di molto più grave, strisciante. Due sono i fatti che vi cito ad esempio, sufficienti a dimostrarlo, uno legislativo, l'altro di cronaca:
L'inquietante legge sull'editoria. Il disegno di legge noto come L69/07 sull'editoria, presentato il 3 agosto 2007 dal Governo precedente, equiparava ogni presenza su internet, come siti e blog di qualunque tipo o natura, anche gestiti da un privato e non a scopo di lucro, a un prodotto editoriale, soggetto quindi ad ogni normativa esistente sulla stampa.
Cosa significa? Significa che, mentre negli Stati Uniti un blogger di 13 anni è tutelato come un giornalista, in Italia invece, unico paese al mondo, lo stesso ragazzino - o chi per lui - è costretto a iscriversi al ROC (registro operatori di commercio) con tutti gli adempimenti e le aggravanti penali in caso di contestazione o denuncia. Se pensiamo al blog di Grillo (che vende i propri cd, ma il sito e' tutto gratuito, e lui non è impresa) possiamo immaginare che cosa abbia spinto a iniziative come questa. La legge, come tutti sanno, non è mai stata applicata, ma resta oggi come una spada di Damocle sospesa su tutto il net people, quasi avesse ben in evidenza sull'elsa la scritta "attento a come ti muovi" . E infatti fu subito approvata il 12 ottobre 2007, malgrado le polemiche, le contestazioni, la previsione di discuterla, ecc. ( http://www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/testo_int.asp?d=36760) - e anche se la Cassazione ( la Sentenza 1 - 25 luglio 2008, n. 31392) escluse poco tempo fa che internet fosse stampa, l'art 26 della suddetta legge continua a non consentire di evitare l'iscrizione al Roc.
La ciliegina sulla torta fu posta a fine 2008 invece dall'attuale parlamento: il ddl è tornato recentemente in discussione, provocando il subbuglio nella rete. La stampa estera si tuffò allora su questa ipotesi di legislazione senza precedenti. Il Times scrisse che solo una classe dirigente anziana come quella italiana poteva elaborare una normativa così sgangherata (miope ndr) sui blog e l'editoria online. Di certo questa classe dirigente non è solo anziana o miope, è anche sorda.
Insomma, è successo che un governo cadesse prima di concretizzare un'iniziativa legislativa e che un altro la rimettesse in discussione. Più trasversale di così, questa nostra bizzarra "democrazia" non poteva essere.
Finirà che porteremo tutti i blog all'estero?
Comunicazione e minacce. Da quando il sito Nuovapoesia è sorto come ipotesi di alternativa culturale, moltissime sono state le mail o le telefonate offensive, umilianti e le operazioni di diffamazione, pur definite "faide da condominio" dal magistrato di turno.
A qualcuno però sembra che sia andata ancor peggio. La notizia è di questi giorni: ll direttore editoriale di un piccolo ma attivo ed interessante mensile nazionale, a conduzione poco più che familiare, distribuito in edicola e presente online, Libero Reporter, è stato oggetto di un attentato il 14 cm. Questa è la sua testimonianza: " Vero è che su LiberoReporter conduciamo inchieste su verità scomode pubblicando persino gli stralci delle prove per dare certezza dei fatti descritti. Questo giornale, infatti, è nato per il gusto di fare corretta informazione senza appartenenze di parte, economiche, finanziarie.Quello che mi preoccupa è la disattenzione di troppi colleghi verso questo grave fatto che mi ha colpita. Colleghi che, in questo modo, non proteggono la categoria, anzi, così facendo, si autoespongono ai ricatti di quanti vorrebbero imbavagliare l'informazione. Quanto è successo a me, di questo passo, può capitare a chiunque".
"Il silenzio dei colleghi"? "può capitare a chiunque"? Ma cosa dice mai, Dottoressa Russo! La smetta di farsi pubblicità! Solo chi muore davvero, ha diritto alla solidarietà e al rispetto...
Prima e dopo questo attentato, ci furono ancora intimidazioni, telefonate, gomme tagliate, quest'ultimo fatto sembra che sia avvenuto proprio il giorno della liberazione, quasi in segno di spregio evidente, e tutto avvenne sempre nel silenzio sconcertante di ogni organismo di stampa, radiofonico e televisivo. La cosa che più fa paura è che solo dopo questi ennesimi fatti le agenzie di stampa cominciarono a muoversi.
C'è veramente da chiedersi: che fine sta facendo l'informazione? Possibile che tutto debba avere un'escalation estrema, per meritare la nostra attenzione e spingerci ad alzarci dalla nostra comoda poltrona soltanto quando il soffitto è ormai crollato sulla testa?
Non so dirvi se adesso faranno un attentato anche a me, che parlo di libera poesia, libera cultura, dopo qualche articolo su di noi e questo articolo e... ma qualunque cosa accada, amici, apriamo gli occhi! E non dimentichiamo mai l'importanza di un sorriso.
_________________ Cristiano Sias
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23/12/2008 ALIADE :
ovvero le banche italiane
Associazioni Legalizzate Italiane a Delinquere o ... semplicemente incapaci?
Le Banche Italiane sono oramai un mito. Nel senso di mitologico, altro che Eneide o Iliade, la nuova Odissea Moderna sono loro a scriverla. Sono certo che se Virgilio e Omero le avessero conosciute, non si sarebbero fatti scappare l'occasione. Mi immagino ad esempio il novello Ulisse in viaggio nei labirinti delle clausole e della burocrazia bancarie, roba da mangiarsi il Minotauro per colazione prima di fare jogging con Teseo. L'Aliade dei giorni nostri infatti è come un gigante a mille teste, arcaico, lento, immutevole e camaleontico allo stesso tempo. E feroce, molto feroce. Mai pago, arriva a rinnegare la sua stessa natura pur di soddisfare i suoi scopi, così le banche diventano assicurazioni, le assicurazioni imitano le banche, le poste copiano tutti e due, tutti insieme guardano al petrolio, ai futures e ai trends e così via. A macchia d'olio. Non è possibile sfuggirgli: un giorno anche il lavavetri sarà un aliadiano e dovrà fare un corso "comunicare per vincere" nel quale camminerà forse sui carboni ardenti, naturalmente virtuali, dell'isola dei famosi e dovrà rispondere ogni giorno alla domanda "cosa farai da grande?", anche se avrà superato gli 80 anni da un pezzo.
Sorrido, quando vedo pubblicità di trasparenza, promesse di servizi fantasmagorici e regali incredibili uniti a novità di modernizzazione presentate con paroloni come "allineamento europeo", "globalizzazione" ecc ecc. da parte di persone che di trasparente hanno solo le vetrate dei loro onnipresenti tentacoli a forma di agenzia. O quando leggo di fusioni e creazioni di nuovi immensi gruppi per stare tra i primi cento al mondo... come mostruose idrovore viventi e mai sazie che dopo aver risucchiato noi, finiscono per mangiarsi fra di loro.
Non illudetevi, queste sono solo facciate. Il risultato sarà senza dubbio un peggioramento dei servizi. I segnali sono evidenti. Se fai pubblicità è perché hai bisogno di vendere e lo stesso maggior utilizzo del virtuale corrisponde a una perdita del dialogo e quindi della communicazione. Sulla riduzione del personale bancario non fa dibattiti nessuno e novità concrete non se ne vedono. Le banche infatti si guardano bene dal cambiare e quando lo fanno è soltanto per guadagnare di più. Naturalmente sulla nostra pelle e se questo avviene in periodi di crisi nera, come questo, è un motivo in più per muoversi. Gli aliadiani sono un popolo strano. Essi non sono umani, è scientificamente provato. E credono nella purezza della razza, al massimo in passato hanno accolto fra loro qualche ex sessantottino pentito.
Ci dicono inoltre che la nostra "salvezza" (ma quale salvezza, che qui siamo tutti al "si salvi chi può"?) sia dovuta al fatto che le nostre banche sono "all'antica". Questo è davvero il colmo. Il Danno e la Beffa. Basterebbe dire subito che le nostre banche sono preistoriche perché aggiornarsi costa, o che così hanno deciso al Bilderberg del potere in perfetto accordo con le opposizioni politiche. E' certo che chi combatte con la clava non morirà mai per un colpo di pistola. Almeno finché non arriverà "l'invasore"...Insomma, non ci suoneranno oggi ma ci faranno a pezzi domani?
Una cosa è sicura: lo stato e la politica non sono più al primo posto nella gerarchia del potere, essi sono sottomessi all'economia e quest'ultima all'informatica. Già quasi trent'anni fa, al tempo dell'imperversare delle softwares houses, i grossi centri di consulenza preparavano il terreno, imponendo a noi informatici di non fornire certe informazioni sui sistemi gestionali ad alcune banche regionali, per non renderle troppo "autonome". L'informatica è controllo, il controllo è dominio. Così oggi qualche decina di persone che controllano i voli, per esempio, può bloccare l'Italia e uno sconosciuto operatore che fa un contratto a termine sulle patate può farci spendere per qualche mese il 30% in più di benzina.
L'informatica: proprio il lato più debole delle banche italiane.
Sono arrabbiato, sì. Esattamente dieci anni fa in un paesino sperduto della costa azzurra entrai in un'agenzia bancaria, da straniero e senza alcuna garanzia, per chiedere come poter effettuare un rid sui conti dei miei clienti. Un banalissimo rid, di quelli che tutti noi firmiamo per autorizzare i pagamenti periodici di bollette o contratti telefonici. Dieci anni fa in meno di due settimane ho avuto il mio codice di autorizzazione europeo e ogni volta che dovevo effettuare le operazioni mi era sufficiente inviare alla banca un dischetto con la stringa di caratteri richiesti. Tre giorni per l'addebito e cinque se fuori piazza. Tutto perfetto, efficiente, spese bassissime e mai un problema. E io potevo "lavorare".
La scena si è ripetuta recentemente in Italia: quasi tre mesi fa mi sono recato in un'agenzia della Carige, ponendo la stessa domanda. La Carige, signori, una banca che ha 500 anni di vita, uno dei più grossi gruppi italiani, mica la Pautassetti&moglie. Una banca "moderna" che già ha un servizio online che lascia perplessi: si accede al conto con un popup(?) e se per fare un click in meno prendi l'indirizzo e lo incolli sul browser ti dice "sessione scaduta" e ti apre il conto lo stesso... Sarà forse per questo che gli hacker vanno verso Sakorzy? Qui è troppo facile?
Ma torniamo a noi. Dopo due mesi di insistenze, ecco la risposta: "è una procedura complessa, ci vuole un fido, garanzie, molti documenti da portare, anche del cliente...". "... mi dica quali documenti". "ma forse è meglio che parli col direttore". "...e mi faccia parlare col direttore". "Ora è occupato, la faccio chiamare, mi lasci il cellulare". Vuole il cellulare? - penso - ma se quando ho aperto il conto poco mancava che mi chiedeste anche il tipo di mutande. "Eccole il cellulare...".
Dopo un mese ancora aspetto che mi chiamino, naturalmente. Insomma ho capito, non lo sanno. Poi è impossibile capire cosa passi per la testa di un aliadiano. Sono inavvicinabili persino al bar e se ci scambi una battuta c'è pure il rischio che li trasferiscano. Decido quindi di cercarmi la procedura da solo su Internet e di tornarci il 2 dicembre, ma vengo distratto da un altro problema: devo fare un bonifico dell'affitto (ebbene sì sono uno che sta in affitto... e allora?). Assolutamente i soldi devono essere nel conto del proprietario entro il 10 del mese. "Impossibile!". "Come impossibile? E' il 2, un bonifico in piazza". "Sì, ma c'è il ponte dell'8, tre giorni festivi, la valuta...". Già - penso -, l'ultimo bonifico ricevuto non era ancora disponibile dopo 12 giorni lavorativi e quando avevo provato a cambiare un assegno, rigorosamente non trasferibile, allo sportello di una delle tante pubblicizzate "banche del cambiamento" mi avevano detto che non potevano perché non ero "persona conosciuta alla banca"... Nessun problema! Il 9 mattina andrò alla banca del proprietario e li verserò in contanti. Meglio di così...
Il 9 mattina alle 8 e 30 sono alla banca. Andrà tutto bene, questa banca ha persino il nome di un santo ed è forse la più grossa banca nazionale: "devo fare un versamento sul conto della signora taldeitali". "Non si può, non ha la firma sul conto". "Ma io devo darvi dei soldi, mica devo prelevarli. "Non insista, deve fare un bonifico, poi ci sono 3 giorni di valuta e le spese".
"3 giorni di valuta? Ma glieli sto dando in contanti per metterli su un conto della sua agenzia... senta, questi soldi devono essere su quel conto domani". "Aspetti parlo col direttore". Ancora questo direttore...
"Ok, dice che va bene" (?) "ma poiché fa il bonifico con i contanti sono 6,5 euro di commissioni". "6,5 EURO? Per prendere i miei contanti, metterli nel suo cassetto e dare invio sulla tastiera? Ma scusi, cosa c'è meglio dei contanti... e l'ha detto il direttore o la banca? Poi lei lo chiami come vuole, bonifico o malifico per me è un versamento e seivirgolacinque euro di commissioni per un versamento mi sembrano davvero un FURTO".
Mai pronunciare la parola furto in banca, si fa all'istante un silenzio di tomba, le telecamere ti puntano, la gente si atterrisce e le guardie mettono la mano sull'impugnatura della pistola. E, miracolo!, spunta la testa del direttore dalla porta del suo ufficio.
Ma l'aliadiano non tentennò nemmeno, sorrise, si vedeva che era preparato e abituato a una clientela ben più feroce: "E' così, lo so, mi dispiace".
Lo sa. Gli dispiace... sembrava un killer quando dice: "sono affari, niente di personale" ed io il solito ex coltivatore di cotone che dice "sì buana". Naturalmente pago, vinto e stanco, pensando che se uno alle poste di Lampedusa mi versa tremila euro sulla postepay io li ho in meno di un secondo in Piemonte o a NewYork e con un solo euro di spese.... Un secondo, quante migliaia di siti scannerizzerà il bot di Google in un secondo? Mi scuoto: sulla ricevuta c'è scritto "valuta beneficiario 10/12/2008". Ho avuto quello che volevo infine... Bene. Sarà regolare? Ma sì. siamo in Italia. Ma allora perché mi sento di nuovo, per l'ennesima volta, derubato?
Eppure ora, quelli che fino a poco prima mi sembravano dei marziani, mi appaiono improvvisamente, incredibilmente stupidi. Siamo davvero sicuri che stiano facendo il loro interesse? Che operino per il loro bene? Siamo sempre troppo portati, per natura, a sopravvalutare i potenti.
Con questo pensiero torno verso casa, un po' più sollevato ma non meno preoccupato.
"Mi manda Raitre", dove sei... in banca?
_________________ Cristiano Sias
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16/12/2006 Querfesit o fessit? In ricordo di Francesco Sias :
Omaggio a Francesco (Paris et Vienna, un sogno non realizzato)
Valia occurret, meda scienzia et lena,
Po custa digna et zenerosa impresa,
Funtana! tue màndami sa vena
P'haer rimande semper mente azzesa,
Ca de Paris et Vienna, nessi appena,
Cantare cherzo sa manna firmesa,
Et narrer de su bellu sentimentu
Chi ponnere usat coros in trumentu.
Valor ci vuole, molta scienza e lena,
per questa degna e generosa impresa.
Fontana mia! Tu mandami la vena
perché resti la mente sempre accesa,
che di Paris et Vienna, 'n poco appena,
desidero cantar la gran contesa, 1
e narrare di quel bel sentimento
ch'usa lasciare i cuori nel tormento.
Musa! se non spariscon gli orizzonti
privandomi delle acque di Elicona
- che corrono perenni fra quei monti
dove regna d'ognuno la corona -,
aiutare mi devi ch'io racconti
la fama ch'essi hanno tanto buona,
perché tutto sia scritto con bell'arte:
se della grazia mi facessi parte.
Francesco, in ottocentottanta ottave,
tre alternate con il bacio in chiusura,
respiri del passato come nave
dimenticata in porto ormai in usura,
come d'un grande che sognava lave
di gloria sul vulcano delle mura,
rimane questo libro impolverato
e dal più buon fratello rinnegato.
Parìs et Vienna, storia di una volta,
passione combattuta fortemente,
rosa persa fra tante fu mai colta
confusa e fiera al roveto demente,
bella invero difficile e stravolta
per noi poeti inventori del niente,
vorrei lasciarti un omaggio al valore
o antico sogno donato all'amore.
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1 Lic.poetica "gran contesa", contrasto, controversia interiore e dei sentimenti / "manna firmesa": letteralmente "grande fermezza/purezza d'animo".
(Nella mia libera trasposizione ringrazio mio nonno Francesco per avermi trasmesso la sua grande Poesia, che ho cercato umilmente di interpretare in nome del diritto a sognare e lottare per le proprie aspirazioni, senza mai dimenticare le origini e le radici dei sentimenti più profondi, di cui tutti siamo figli)
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Querfesit o fessit?
Lessi questo libro tanti anni fa, e ne ricevetti subito l'impressione di un poema di valore, degno di essere annoverato tra le grandi opere della storia.
Avevo vent'anni e non m'intendevo troppo di endecasillabi. Mi parve però, già da quella prima lettura, che l'alto senso poetico di Francesco Sias, unito a una rara (per quei tempi) conoscenza della metrica latina applicata alla lingua sarda, ne facessero un libro Unico nel suo genere, oltre che un documento storico di particolare interesse.
Non entrerò qui in un'analisi specifica del verso, dirò solo che successivamente fui colpito da come l'utilizzo ritmico delle undici sillabe, la distribuzione delle toniche, le cesure, i versi doppi, il tutto sapientemente integrato in una naturale sonorità e armonia, consegnassero all'opera le caratteristiche del "capolavoro". L'utilizzo "elastico" della lingua, e questa capacità di "plasmare" il sardo secondo canoni al limite della grammatica classica, sarda e italiana, facevano pensare a un autore dotato di conoscenze linguistiche al di là della stessa "limba" e di una rara capacità di ricercare il miglior effetto di integrazione. Il mio interesse verso questo lavoro aumentò quando mi resi conto che non si trattava di un'idea originale, ma di una rielaborazione di opere precedenti che traevano la loro origine da manoscritti del 14° secolo, un'origine peraltro ancora motivo di controversie tra gli studiosi, come scrive Anna Maria Babbi nel suo testo omonimo, citando fra le altre questa opera in lingua sarda (Marsilio Editori, 1991).
Fu proprio la non originalità del testo a causarmi quel "coup de coeur" necessario in letture di questo tipo. Basti qui dire che questo poema ha conosciuto interpreti illustri come Mario Teluccini e Angelo Albani e costituisce uno dei più rappresentativi esempi di "opera di intrattenimento" fra quelle che nel tardo medioevo godettero di un considerevole favore di pubblico, oltre che probabilmente la prima vera dimostrazione di Net-Poetry della storia. La stessa A.M.Babbi lo cita come caso sorprendente di rapida divulgazione "secondo procedimenti affatto usuali", fra sistemi culturali e paesi di incredibile vastità, documentata dalla presenza in un'area che si spinge dalla Spagna ai confini dell'Armenia: un esempio mediatico senza precedenti, il cui studio "potrebbe consentire di mettere a punto un modello di indagine atto a far luce sulle modalità di trasmissione di opere congeneri" e per le cui radici e motivazioni rimando agli studiosi e alle sedi appropriate. E' indubbio però che la sua re-interpretazione in sardo, in un periodo in cui Internet non era ancora nemmeno immaginabile, costituisce una novità che non può passare inosservata, in particolare ai giorni nostri, nei quali è costante la ricerca di nuovi sistemi di comunicazione. Credo che sia stato proprio il fatto di non essere mai stata tradotta a impedire la corretta diffusione di questo poema, e a favorire i vari plagi e le speculazioni effettuate su di essa. In verità, per chiunque si apprestasse a questa impresa titanica, sarebbero tanti gli ostacoli da superare. In Paris et Vienna esistono vocaboli e coniugazioni che non trovano riscontro nella lingua sarda moderna. La maggior parte dei Sardi ritiene che termini come "querfesit", o "fessit", coniugazioni dei verbi "cherrere" (volere) e "fachere" (fare) non esistano nella loro grammatica. Eppure ci sono testimonianze di questi termini, anche solo in una banale ricerca su internet. Occorre qui ricordare l'epoca in cui questa opera fu pubblicata per la prima volta (1896), e quindi non sottovalutare le difficoltà nel mantenere la struttura endecasillaba originale, la terza rima e passaggi che per sillabe e suono differiscono molto dalla lingua italiana. In Paris et Vienna capita di trovare delle rime in "ito" (essiu=uscito), "ata" (amada=amata), o "are" (battiare=battezzare). Mi perdoneranno i puristi della poesia, che se vorranno cimentarsi in un rifacimento di tali versi si troveranno probabilmente davanti a una perdita di significato e atmosfera talvolta inaccettabile e persino "sgradevole". D'altronde, ho pensato, se le ha usate Dante, perché non può utilizzarle un qualunque interprete di provincia in un'epoca che, tra i limiti dei 25/30 versi e la perdita gergale in nome della comunicatività a scapito delle "nuances d'expression", non può più avvalersi degli stessi virtuosismi linguistici del Sommo?
Questo lavoro, oltre che permettere a tutti l'accesso a un poema di rara bellezza, dimostrerebbe anche che la lingua sarda è meno difficile di quanto si pensi e potrebbe costituire un riferimento di ricerca e analisi per le generazioni future.
Cristiano Sias
Nipote di Francesco Sias
Rapallo, 2006
(vedi anche:
http://nuovapoesia.forumup.it/about1141-nuovapoesia.html
http://nuovapoesia.forumup.it/about1941-nuovapoesia.htm)
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Con los ojos vueltos hacia el espejo de la superficie con los rayos del sol que lo atraviesan. Cristiano Sias |
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11/12/2006 La Poesia: creazione, mimesi, plagio... o provocazione? :
La Poesia è creazione, mimesi o... plagio? Limito di proposito la domanda a queste tre voci, la provocazione essendo già celata in questa prima parte del titolo.
In campo artistico la situazione è infatti assai più variegata di quanto previsto dalle vigenti leggi, che considerano il plagio reato, e la mimesi no. Diciamo subito che la scrittura offre maggiori possibilità di quante ne offrano altre arti, e permette a falsi artisti d'"inventarsi" facciate (spesso peraltro effimere e traballanti) così come ad ottimi scrittori di creare talvolta capolavori più pregevoli degli stessi dai quali essi hanno attinto. Oggi è anche più facile approfittare di queste situazioni, così come individuarle. Ma tutti siamo consapevoli che se potessimo fare il copia/incolla della Gioconda sul frontespizio del Mausoleo di Alicarnasso, avremmo un insieme orripilante e di pessimo gusto. Non sempre il grottesco e il cattivo gusto sono così evidenti, a un primo "impatto". Talvolta sono "sottili" come le menti di chi li produce. Ben lo sanno i fotografi, e i cinematografici, che proprio nel "copiare" e assemblare espressività sono maestri. Ecco quindi che il punto non è "se si sia copiato, imitato o no", ma "come" e perché".
Ho affermato tempo fa, in un sito noto per essere ormai per la maggior parte degli autori del net un povero ma irrinunciabile palco, di non aver mai plagiato nessuno, ma semmai di essere stato plagiato. Dichiarai successivamente - e lo confermo qui - di aver affermato il falso.
Io ho scritto spesso traendo spunti e moduli espressivi altrove, da altri e da me stesso. La mia poesia "Cut-Up" si rifà per esempio a William Burroughs e Brion Gysin, ai quali infatti la dedicai, e copia spudoratamente delle vere e proprie frasi del libro "Scrittura creativa" e di mie poesie. "Asini Bigi" "rubava" mescolando fra loro B.Russell, Carducci e le "leggi fondamentali della stupidità umana" di C.M.Cipolla, e così via. Lo stesso "Manifesto dei netwriters" copia, fra gli altri, autori noti e meno noti. Qualcuno forse ricorderà "Battaglia finale", che recupera l'incedere di "Tempesta marina", sfruttandone ritmo, anafore e assonanze per dare forza al messaggio. "Omnia malam" faceva il verso a "Odiata umanità" e "Overdose". L'ultima mia pubblicazione "Versi sparsi" non è che un esercizio di fusione delle mie due poesie "Grigio" e "Prima di andare". Talvolta non c'è nulla di più divertente, evolutivo e "creativo" del "plagiare sé stessi", anche a distanza di anni. Nessuno però si sognerebbe di accusarti di un fatto del genere, eppure da un punto di vista squisitamente legale e letterario non sembrerebbe corretto. Non c'è nulla di più falso, in realtà.
D'altronde se, come disse lo stesso Burroughs, "nessuna origine è originale" (a parte la Creazione forse, ma anche Adamo e Eva erano "a immagine e somiglianza" di Dio), è assai facile oggi per "buoni e cattivi" riconoscere in ogni opera la presenza di "radici" esterne. Leonardo da Vinci non ha forse tratto lo spunto della maggior parte delle sue idee da artisti precedenti e contemporanei? Il 90 per cento delle sue macchine erano perfezionamenti di progetti altrui, come la famosa macchina da cantiere girevole, copiata da una precedente del Brunelleschi. Fosse vissuto oggi, Leonardo avrebbe decine di processi per plagio.
Non credo esista al mondo nessun artista che non abbia avuto maestri o modelli, ma questi ben vengano, perché essi sono la "conoscenza". La stessa Poesia non è mai vera creazione, ma mimesi e ricerca. Ecco che diventa quindi determinante nella valutazione la buona miscelatura del risultato espressivo, unitamente alle capacità artistiche di chi l'ha prodotto e, soprattutto, al suo "atteggiamento", quindi alla purezza del suo animo nel farlo. Troppo spesso si giudica questa purezza dall'esterno, dimenticando che è nell'io dell'artista la risposta, e bisognerebbe forse cercare di "vedere" più a fondo prima di esprimere giudizi talvolta affrettati.
Personalmente trovo più grave "copiare" questa purezza, piuttosto che il risultato. Ecco che, artisticamente parlando, il vero reato diventerebbe la mimesi maligna, e non il grottesco tentativo di plagio. E' nell'equilibrio e nell'onestà che originano un'opera che vedo crescere e svilupparsi il seme della Poesia: in questo senso essa è mimesi e nemesi insieme, come una sorta di compensazione evolutiva, di ricerca espressiva, di qualcosa che è stato, e che non si vuole dimenticare, ma solo spingere verso il luminoso cammino del progresso e dell'evoluzione. E quindi dell'arte.
Buona copia a tutti.
_________________ Cristiano Sias
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10/11/2006 Cultura "Open Source" :
(Estratto dell'articolo pubblicato il 19/10/06 sul sito Nuovapoesia, riportato con gli omissis necessari a una migliore "focalizzazione" del pensiero / link= Cultura "Open Source")
(Teatrini e litigi, filosofia, simbologia evolutiva e "open source")
IL LITIGIO
In un teatrino di periferia, a spettacolo finito, un bambino uscendo sfiorò con il suo leccalecca la giacca del capocomico e sull'onda dell'emozione inciampò, cadendo rovinosamente sulla bianca camicia del guitto che aveva fatto da spalla a quest'ultimo, macchiandola vistosamente; per questo venne da ambedue duramente redarguito e strattonato. Vista la situazione, il regista, padre del bambino e amico del capocomico, intervenne per calmare gli animi; malgrado la furia del guitto cercò di sensibilizzare i presenti a restituire al bimbo il leccalecca sequestrato, invitandoli tutti a bere un buon bicchiere di vino e discutere simpaticamente sulle difficoltà e i diritti dei bimbi a mangiare il loro leccalecca, nel pieno rispetto delle camicie bianche degli adulti presenti. La storia ci racconta che, mentre il regista si trovava a fronteggiare il guitto e le sue offese, nonché le accuse d'essere un cattivo genitore, perché i bimbi andrebbero privati della loro libertà e puniti con severità, l'amico capocomico lo pugnalò improvvisamente alle spalle. A tutt'oggi, la vicenda rimane per gli investigatori un caso chiuso, ma ancora inspiegabile.
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A proposito di litigi, forum interessanti ed eccessive reazioni di cui accennai nel mio ultimo articolo "Empiriocriticismo, astri e oulipo", uno clamoroso è stato quello sviluppatosi su un post recente nel sito Nuovapoesia che vide tra i protagonisti il sottoscritto e un noto autore. Lo spunto iniziale era persino banale, ma lo sviluppo della discussione sui simboli e metafore sembrava diventare interessante, se qualcuno non avesse ceduto a tentazioni polemiche e critiche personali, mirando al conflitto più che alla discussione letteraria. Io in particolare ebbi l'infelice idea di postare alcune mie considerazioni, nel tentativo d'indirizzare la discussione su temi di carattere generale... (omissis) Il mio grande errore fu infine quello di affermare... (omissis): " La simbologia, rapportata ad un'ottica filosofica può (e deve talvolta) essere vista in chiave trasformista ed evolutiva, ed offrire in questo approccio interessanti spunti di discussione e studio".
(omissis)
Casi simili su internet non sono rari. In quell'occasione mi fu detto che eravamo gente " sui generis". Mi rinfrancai quando lessi che, secondo lo stesso accusatore, anche due premi nobel come Russell (uno dei più grandi filosofi, logici e matematici del XX secolo, l'atomista, il profeta della vita creativa e razionale) e Carducci ("vate della terza Italia", critico e studioso di fama mondiale, colpevole solo di una poesia vista oggi "così lontana" dalle mode contemporanee e dall'attualità che vede come arte soltanto ciò che "viviamo", o che di esso sia simbolo e non origine) erano due " sui generis".
(omissis)
Ancora fui attaccato personalmente, dicendomi fra le varie accuse che " dovevo indicare nel mio commento sotto quale forma mi ero presentato", (omissis) si citarono Ernst Bernhard, E. M. Forster, T. Visher, E. Wind, Aby Warburg e la sua biblioteca, come pensatori che " fissarono dei punti fermi sul simbolismo e la critica dell'arte" (omissis), " defecando" in grande scena madre finale sulla poesia e i simboli (omissis) in nome dell' " l'uomo, la coscienza e la storia".
Risposi: (omissis) che bisogno avete di cercare degli alibi?
Ecco, siamo arrivati al nocciolo della questione: gli alibi.
FILOSOFIA e OTTICA EVOLUTIVA
L'uomo, la coscienza e la storia. E' legittimo defecare sulla poesia e i simboli in nome di essi? Pur avendo qualche legittimo dubbio, sono però convinto che per defecare su qualcosa occorra che questa cosa sia ferma. Difficile farlo se è in movimento, a meno di essere dei tiratori scelti. La differenza principale mi sembra evidente: statica e dinamica a confronto. Già in questo mi sembra di cogliere una leggera contraddizione con le affermazioni fatte e un allineamento con le mie valutazioni. Mi è stato chiesto infatti: " cosa significa che la simbologia può essere letta in chiave trasformista ed evolutiva?". (omissis) E un'altra frase dei miei critici diceva testualmente " il positivismo nella negatività di questi tempi può essere considerato revisionismo, pericolosissimo e fuorviante". Lo stesso vale per l'affermazione " continuo a non capire cosa sia l'ottica filosofica riferita al simbolo" e " ma soprattutto cosa sia la chiave trasformista ed evolutiva". Parimenti fu detto (omissis) all' "editore Sias": " ma che fa, lei, legge il simbolo del tapiro di "Striscia la Notizia" in chiave filosofica ed evolutiva? Ma come vuole che si possa evolvere, quella figura di merda mediatica?".
Ancora gli alibi: arcaici, psicologici, emarginanti e totalitari.
Vedrò ora di rispondere a queste domande.
Per chi ha letto "empiriocriticismo, astri e oulipo" è ormai chiaro che ogni frase scritta da un poeta sia un esempio di "principio primo di libertà" e possa avere un significato e un significante diverso da quello che potrebbe apparire. Non è qui una questione di simboli, ma di "punto di vista". Infatti io non ho mai detto che l'ottica, cioè il punto di vista, sia riferita al simbolo, ma semmai che il simbolo possa essere osservato da punti di vista diversi, né mai ho affermato che fra questi punti di vista non possa essercene uno solo "esatto" e non ho parlato di chiavi in senso assolutista, ma possibilista. Le chiavi "certe" le danno solo i giudici che vivono di scienza infusa, di certezze inconfutabili. In realtà, nell'evoluzione del pensiero l'unica chiave possibile è "l'assenza di chiavi". Di questa chiave, io parlavo. Opinabile quanto si voglia, ma così era. Anche perché dalle mie parti si dice che più che una chiave, conta la serratura. Cioè, il risultato.
Poche persone, prima di sentenziare, danno il tempo di parlare della "serratura", e così i problemi di comunicazione diventano altri punti di vista, reali problemi esistenziali (omissis).
Per esempio, a proposito di un autore citato, Ernst Bernhard - l'iniziatore del metodo junghiano in Italia - non fu proprio con la pubblicazione del suo volume " Trasformazioni e simboli della libido" che Jung ruppe con Freud? Non affermava forse Jung che la libido è suscettibile di evoluzione, e può essere spostata su oggetti immateriali ed è, dunque, spiritualizzabile, e solo quando tale evoluzione è bloccata e avvengono regressioni, si originano le nevrosi? Ma cosa c'entra, direte voi, la libido con la poesia? C'entra, se come scrisse sempre Jung, grazie all' attività di produzione dei simboli, l'uomo primitivo riuscì a trasferire l' energia psichica da manifestazioni pulsionali immediate, a manifestazioni mediate, orientate verso fini creativi e, in tal modo, effettuò la transizione dal piano della natura a quello della cultura. I simboli della libido manifestano contenuti che trascendono la coscienza e aprono, dunque, al mondo dei valori religiosi; la religione infatti, ma anche l'arte, a sua volta, attraverso i suoi simboli, sposta la libido fuori dall'ambito strettamente familiare, a cui Freud la restringeva, e la rende disponibile agli usi sociali. In tal modo, Jung veniva ad attribuire alla religione una funzione decisiva nello sviluppo della civiltà. Civiltà, religione, progresso, potere. I simboli per Jung erano un mezzo, un prodotto, non un dogma. Un esempio su tutti: in questi concetti trovano terreno fertile per piantare mattoni, squadre e compassi, le massonerie di tutto il mondo ed ogni sorta di lobby di controllo. E lo stesso Ernst Berhard affermava che la predisposizione all'analisi (Urano) in alcuni casi ha un'influenza disgregante, soprattutto nelle situazioni dolorose in cui l'individuo non accetta le indicazioni del destino e non abbandona atteggiamenti superati per proseguire nella difficile strada dell'evoluzione. Altre volte, quando la sua collocazione nel tema è sostenuta da aspetti armonici, è un elemento di cambiamenti imprevisti e positivi (un certo Bertrand Russell, sull'armonia, la sapeva lunga, ma era "solo" un filosofo).
E. M. Forster, un altro Junghiano che "fissò un punto fermo sul simbolismo e la critica dell'arte", definì la sequenza di un romanzo in 1)storia; 2)persone; 3)intreccio; 4)fantasia; 5)profezia; 6)modello e ritmo, ma della storia, senza la quale nessun romanzo esisterebbe, aveva ben presente il carattere servile, la sua implicita tirannia sul romanziere. Non si parla sapientemente di simboli nella lista. Eppure ancora qualcosa non quadra, se anche lui sognava "un libro sul niente" ed era sicuro che il cinema avrebbe ucciso il romanzo, proprio quel cinema che poi gli diede la notorietà. E negli stessi corsi di letteratura inglese con titolo " Arte e simbolo nel romanzo modernistico", citandolo come riferimento, la sintassi dei simboli viene esaminata sia in rapporto alle modalità di articolazione del procedere narrativo sia in relazione alle più generali tendenze simboliste degli altri linguaggi artistici. Tendenze simboliste? Una tendenza è per sua stessa definizione qualcosa di dinamico e potenzialmente mutevole.
Neanche T. Visher era un filosofo, ma era un poeta, secondo il quale le contadine di Genzano, vestite del loro costume tradizionale, erano talmente belle e raffinate che " al loro confronto le più eleganti dame della buona società davano l'impressione di tante servette". Un altro esempio di relativismo poetico, o la consapevolezza che la realtà spesso è diversa dalle rigide definizioni, oppure tutte e due insieme? I suoi studi di estetica espressi ne " Il sublime e il comico" potevano permettergli una tale galanteria, e fu uno dei primi ad affrontare il termine "empatia" che troverà una spiegazione in chiave fenomenologa grazie all'opera di Edith Stein. Ma cos'è l'empatia se non quel fenomeno di partecipazione e immedesimazione attraverso i quali comprendere lo stato d'animo e le emozioni, nonché la comprensione estetica? Non è forse una forma di adattamento "trasformista" (o se preferite mutevole) a seconda dei credi e le consuetudini, laddove è dimostrato che la stessa gestualità e dinamica comportamentale possa avere significati diversi a seconda delle culture e civiltà? Basti pensare al modo di baciare degli esquimesi, per esempio, o alle occidentali braccia conserte, vietatissime in analisi transazionale e altrove simbolo di dignità o meditazione, o in casa nostra al muovere della testa verticalmente di un siciliano per dire "no", invece che "sì".
Edgar Wind infine era un warburghiano convinto che scrisse anche " Arte e Anarchia", per certi versi quasi un precursore dell' "Open Source" (anche se per qualche studioso questa potrebbe apparire come una bestemmia), dove fa un'analisi profonda delle continue alchimie di un'artista, impossibilitato, come l'arte stessa, a rimanere insensibile alle continue vicissitudini del pensiero filosofico e scientifico; e fu proprio Warburg, grazie ad August Schmarsov, suo docente di storia dell'arte a Breslavia, ad andare a Firenze, per compiere uno studio su Masolino e Masaccio, consistente in un'analisi dell'evoluzione dell'espressione dei volti in questi due autori. Su Schmarsov, Ernst Gombrich, autore della " Biografia Intellettuale" di Warburg, osserva: " Warburg trovò in Schmarsov un altro docente che era stato raggiunto dall'onda del nuovo psicologismo. Non era un pensatore lucido, ma molto consapevole dell'importanza dei problemi teorici. Nei suoi lavori sull'architettura aveva meditato sulla percezione dello spazio e sulla tendenza umana all'empatia. Nella sua ricerca in pittura si era molto interessato ai problemi della gestualità e dell'espressione. Ma Schmarsov era soprattutto un evoluzionista".
Incredibile.
CULTURA "OPEN SOURCE"
Chiunque conosca un po' di informatica e gestione aziendale, senza aver avuto il bisogno di amministrare in 20 anni una decina di società come il sottoscritto, conosce l'evoluzione che da un "orientamento all'oggetto" (object oriented) - quasi un dogma sacro e indiscutibile che ci condusse, pur tra gli innegabili vantaggi, alle attuali depravazioni del sistema, tra le quali la quotidiana schiavitù che siamo costretti a sopportare ogni volta che utilizziamo Windows - portò al pensiero del "sorgente aperto" (open source), intendendo in quel modo l'identificazione di soggetto e oggetto al fine di permettere ad ogni sviluppatore di evolvere e perfezionare l'idea originale, fino a quel momento considerata intoccabile e "proprietà unica" del suo creatore. Questa trasformazione, che è una vera e propria rivoluzione filosofica e culturale, permise un'evoluzione del pensiero rivolto finalmente alla collaborazione e allo sviluppo globale, cambiando radicalmente il rapporto tra uomo e qualità e permettendo il raggiungimento di obiettivi fino a pochi anni fa considerati impensabili, al punto che gli stessi governi se ne fanno oggi promotori e finanziatori (es. Free Software Portal dell'Unesco).
Quanto ci hanno aiutato in questo i "Grandi Maestri" del passato? Io credo molto, e con buona pace di tutti i sedicenti "progressisti" che vedono nella filosofia una inutile e noiosa scienza " sui generis".
E' indubbio che ognuno scelga i maestri che preferisce e maggiormente ama. Io per esempio ad alcuni dei citati in precedenza, sperando non sia un delitto, preferisco nomi come Prévert, Neruda, Burroughs, lo stesso Russell, anche Kant, senza mai comunque rifiutare a priori nessuna espressione di pensiero, ed altri ancora, come i pensatori di cui vi citerò qui di seguito alcuni passaggi che ritengo particolarmente interessanti per la comprensione del mio "punto di vista".
Henri Bergson, probabilmente un altro premio nobel " sui generis", distingueva proprio tra realtà inerte e vivente e scrisse " L'evoluzione creatrice e il risveglio della coscienza individuale" in cui affermava che la metafisica dipende dalla teoria della conoscenza e " la coscienza appare il principio motore dell'evoluzione" e ancora " mutamento continuo, conservazione del passato nel presente, vera durata, questi attributi sono effettivamente comuni al vivente ed alla coscienza; si potrà andar oltre e affermare che la vita, come l'attività cosciente, è invenzione, creazione incessante". Egli ci spiega inoltre che " la vita, sin dalla sua origine, è la continuazione di un solo e medesimo slancio che si è diviso in linee d'evoluzione divergenti. Qualcosa è cresciuto, qualcosa si è sviluppato attraverso una serie di aggiunzioni che sono state altrettante creazioni... le cause essenziali che operano lungo tutte queste varie strade sono di natura psicologica".
Per Bergson l'intuizione è l'essenza dello spirito e "la filosofia ci introduce nella vita spirituale, ed al tempo stesso ci mostra la relazione fra la vita dello spirito e quella del corpo. In verità la coscienza è essenzialmente libertà, è la libertà stessa".
Curiosamente egli utilizza il termine "escrescenza" non come accezione negativa, bensì come " un germoglio che il vecchio germe sviluppa, nello sforzo di trasfondersi in un germe nuovo".
Il leggendario Georges Ivanovitch Gurdjieff invece fu un pensatore originale che separava il percorso evolutivo dell'uomo in 7 categorie collegate (istinto, sentimenti, ragione, coscienza, io permanente, intelletto oggettivo, sapere oggettivo) e diceva " l'uomo che ha raggiunto il completo sviluppo possibile è composto da quattro corpi" indipendenti aventi tra loro una relazione e capaci di azione indipendente, corpo fisico, naturale (astrale secondo la terminologia teosofica), spirituale (mentale), divino (causale). Per certi insegnamenti orientali, il primo è la carrozza, il secondo è il cavallo, il terzo il cocchiere e il quarto è il padrone.
Egli oltre un secolo fa già paragonava l'uomo moderno a " una casa senza padrone piena di servi dove continuamente ognuno di loro cerca di essere il padrone".
Gurdjieff sosteneva " noi viviamo in un sogno, con le nostre attese, le nostre aspettative, e se ci ricordiamo che stiamo sognando abbiamo qualche possibilità di svegliarci. Sogno significa che noi pensiamo di essere quello che noi siamo, il nostro livello di cultura e di civiltà vive di illazioni, di fandonie, di luoghi comuni, di inesattezze che noi chiamiamo la nostra cultura, la nostra storia. Tutto questo in grandissima parte è falso come i valori, giudizi, attitudini e chi ha il coraggio di dirlo apertamente esce dal gregge, viene additato come un matto ghettizzato, perché affronta direttamente la mente collettiva dicendogli la verità".
Aurelio Penna aggiunge un punto di vista, parlandoci dell'evoluzione umana secondo il gesuita Teilhard de Chardin, ricordandoci che " se vi è per l'umanità un ambito nel quale tutto dovrebbe risultare immutabile, tale è, almeno a prima vista, quello della religione". Invece è proprio sul terreno religioso che si assiste alle più macroscopiche e pervasive forme di evoluzione.
Ciò accade a vari livelli: teologico, strutturale, personale. Un esempio del primo lo troviamo nella Bibbia, che è un insieme eterogeneo di varie decine di libri, scritti da autori diversi nell'arco di circa 1200 anni. In essa è possibile rilevare significative evoluzioni del pensiero teologico, a proposito della stessa concezione di Dio, dell'uomo, come pure del destino di questi dopo la morte. Un esempio di evoluzione strutturale lo rileviamo dalle varie espressioni con le quali si è concretizzato il cristianesimo, dal cattolicesimo all'ortodossia, al protestantesimo, con mutamenti sostanziali nella concezione dell'autorità e della natura della Chiesa stessa. Un principio evolutivo è poi reperibile in modo palese nelle microstorie dei singoli credenti. Pensiamo al Buddhismo, nel quale l'uomo, attraverso una successione di reincarnazioni, giunge a concludere la propria parabola nel nirvana. Pensiamo in genere a tutte le religioni, nelle quali la dimensione del misticismo apre le porte ad un progressivo affinarsi della spiritualità dell'individuo, che nei casi estremi giunge a svaporare nell'infinitudine del Tutto.
Proprio Teilhard sviluppò il suo pensiero su tre differenti livelli evoluzionistici: scientifico, filosofico (...), teologico. In particolare trovo interessante questo passaggio sul terzo livello teologico che gli valse un esilio da "separato in casa" col Vaticano, secondo quanto detto da Gurdjieff sul gregge e i matti ghettizzati: " La fede in Cristo diventa sorgente di energia inesauribile, che aiuta a compiere la scelta positiva per la "grande opzione" a favore di una collaborazione cosmica. Il tradizionale e statico concetto biblico di creazione viene dilatato a quello di trasformazione creatrice, mentre si impone un ripensamento della concezione del male (come espressa simbolicamente nel racconto del peccato originale). Anche la cristologia viene vista in un'ottica nuova; la redenzione non è più tanto un'espiazione sulla croce per le colpe commesse dall'uomo, quanto piuttosto una divinizzazione dell'uomo e del creato".
Ne consiglio vivamente la lettura, soprattutto a chi dice che " non c'è libertà, non esiste, credo sia meglio farsene una ragione, viviamo legati nei vincoli di ogni genere di cosa, primo fra tutti, la morte".
E parlando di orientali, cosa dire di Osho, il "Mai nato - Mai morto", il sostenitore dei " tre livelli sotto e dei tre livelli sopra la mente cosciente", che in un'intervista di Nitamo Montecucco (in " scienza e meditazione", Oregon, USA, 1985) dichiarava " Il termine inconscio è stato usato per la prima volta in Occidente da Sigmund Freud. Costui non sospettava nemmeno che in Oriente, nelle nostre antiche scritture, parliamo di questa idea dell'inconscio da 5000 anni almeno. Quindi Freud pensava di aver scoperto qualcosa di nuovo. Jung poi scoprì che se vai più in profondità nell'inconscio troverai l'inconscio collettivo. Anche di questo siamo stati consapevoli per secoli".
Io credo che chiunque parli di psicologia dovrebbe prima quantomeno studiare, con umiltà e non con saccenza, affermazioni come " La psicologia sarà una scienza completa e totale quando comprenderà tutti i sette livelli dell'uomo" e chiedersi se siamo davvero così preparati per chiamare con disprezzo " psicotuttologia" ogni tentativo di "andare oltre" una scienza ghettizzante che in occidente studia soltanto le persone malate.
Potrei andare avanti per ore su questi argomenti, ma credo di avervi forse annoiato abbastanza e quindi terminerò con le parole di un altro grande maestro: sì, proprio "lui", Friedrich Nietzsche, di cui Osho amava commentare brani identificandosi in Zarathustra per le affinità tra " uomo nuovo" e " superuomo", il cui punto di vista bipolare dell'antichità classica (Il tu è più originario dell'io, «ethos» e «pathos», Apollo e Dioniso), e non solo, affascinò Jung e Warburg, chiedendomi e chiedendovi se non sia il caso di rileggerlo, con qualche preconcetto in meno e "in un'ottica" più filosofica, sperando che (almeno lui), per qualcuno, non sia " sui generis":
" Guarda i credenti di tutte le fedi! Chi odiano essi massimamente? Colui che spezza le loro tavole dei valori, il distruttore, il delinquente - ma questi è il creatore.
Compagni per il suo viaggio cerca il creatore e non cadaveri, e neppure greggi e fedeli. Compagni nella creazione cerca il creatore, che scrivano nuovi valori, su tavole nuove.
Compagni cerca il creatore, tali che sappiano affilare le falci. Distruttori li chiameranno e dispregiatori del bene e del male. Essi invece sono i mietitori che celebrano la festa".
Tante parole ho scritto in queste pagine, per " celebrare la festa", e tante se ne scriveranno ancora. Spero con esse di aver almeno chiarito meglio il mio pensiero.
Adesso però mi chiedo , dopo aver scritto queste umili considerazioni che verranno forse ignorate dai più e da altri probabilmente criticate, un po' affaticato per il lavoro svolto, se non sarebbe bastato in fondo prendere il dizionario e leggere la definizione di "trasformista" e "evolutivo":
Trasformista= 1) seguace del trasformismo, nel significato biologico sinonimo di evoluzionista 2) Chi pratica il trasformismo in politica soprattutto nel significato deteriore e più recente della parola 3) comico specializzato nell'interpretare successivamente più macchiette diverse, mutando con rapidità il travestimento.
Trattandosi di simbologia e poesia, non di politica, né probabilmente di biologia anche se si potrebbe discutere su questo, direi che il punto 3) potrebbe essere il più appropriato e simpatico, inteso il termine come aggettivo sostantivante.
Evolutivo= 1) Nel significato proprio, inteso "di evoluzione", cioè di svolgimento, sviluppo, spiegamento; quindi movimento ordinato a un fine. 2) nel linguaggio militare, movimenti di truppe, navi e aerei che cambiano ordinatamente la loro posizione... 3) di ogni processo di trasformazione, graduale e continuo, per cui una data realtà passa da uno stato a un altro - quest'ultimo inteso generalmente come più perfezionato - attraverso cambiamenti successivi: secondo un modo di concepire la natura affermatosi alla fine del 18° secolo sulla base di ipotesi cosmologiche (ipotesi di Kant-Laplace sull'origine del sistema solare, v. Laplaciano) e di teorie sull'origine e la trasformazione delle forme viventi (trasformismo, teoria della discendenza) si è cercato di spiegare in termini di evoluzione i fenomeni cosmologici, chimici, biologici e antropologici, passando dalla scienza alla filosofia della scienza e alla metafisica (evoluzionismo). In tal senso il termine si contrappone sia a "permanenza" sia a "rivoluzione".
A me, piace moltissimo la definizione del punto 3), pur non rifiutando la 1). Non fu scritto infatti "evolvente" o ancor peggio "evoluto" o evolvibile".
Tutto il contrario insomma del "revisionismo", che è tendenza, volontà e intenzione di modificare, non possibilità, confronto, dialogo e verifica di "fattibilità".
Sì, forse il dizionario sarebbe bastato.
_________________ Cristiano Sias
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Con los ojos vueltos hacia el espejo de la superficie con los rayos del sol que lo atraviesan. Cristiano Sias |
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17/10/2006 Empiriocriticismo, astri e oulipo :
(Rivisitazione su Nuovapoesia di un articolo Lds di inizio 2000: l'articolo è una "base di pensiero" e lo pubblico in due parti per riallacciarmi ad esso quando esprimerò la mia opinione di "ottica filosofica evolutiva" in risposta al simbolismo arcaico, psicologico, emarginante e totalitario.)
1° parte - La mia idea di poesia e l'espressionismo istantaneo.
L'idea di "affermazione e dubbio" è insita nella coscienza individuale e componente primordiale di ogni approccio tematico.
In un mio vecchio articolo, riletto oggi e di cui vi riporto per problemi di spazio una prima parte rivisitata, ritrovo certezze e domande.
In una concezione "meteopoetica" della trascendenza essenziale esiste, o forse sarebbe più corretto dire "domandiamoci se esiste", un viaggio di consapevolezza dall'Es al Sé attraverso la poesia così come attraverso la simbologia astrologica delle carte del cielo. Parimenti esiste, o domandiamoci "se esiste", un vaneggiamento parabolico che spazia dalla matematica alla poesia estrapolando surrogati filosofici sulla base di semplici e scolastiche regole elementari.
Così nella mia educazione essenziale esiste, anzi "non esiste", un viaggio di consapevolezza attraverso la poesia. Perché "non esiste"? perchè davanti ad un'affermazione anche inconfutabile o un dubbio pur erroneo, ogni contrapposizione apre un varco conflittuale oltre il quale tutto e il contrario di tutto sono possibili e l'attesa che ne scaturisce è l'argomento che contiene il seme della vera arte. Il fascino dell'osservazione e il conflitto sono elementi di questo argomento, ma ce ne possono essere tanti altri. Bianca Pescatori è un personaggio singolare e attento alla Pura Coscienza ed espresse le sue opinioni in una conferenza tenuta presso l'associazione di psicologia transpersonale nel marzo 2003. Alla domanda su come possa collegarsi la Realtà Ultima del cosmo all'empiriocriticismo, agli astri e all'oulipo, può essere utile per fare chiarezza l'intuizione propostaci da Rudhiar, uno dei più grandi astrologi del XX secolo: la rappresentazione del Dharma in una realizzazione consapevole. In sintesi questo musicista, metafisico e filosofo fondò sulla sua idea di consapevolezza l'astrologia umanistica e solistica, proponendo una lettura dell'essere come un compito assegnato, o scelto, a (o da) l'anima prima della sua incarnazione. Io non sono del tutto d'accordo con questa interpretazione.
L'intuizione dell'esistenza dell'Es che si lega all'esperienza upanishadiana del Sé "non più grande di un pollice nel cuore degli uomini" propone una dimensione esperenziale dell'ottica transpersonale nello svolgimento del grande schema universale. Base e altezza delle coordinate temporali dell'istante afferrabile, questo schema è anche sfuggente allegoria di se stesso. Non vedere, o far finta di non vedere, questo incastro istantaneo nel suo perenne ripetersi nella poesia è come comporre una musica per poi scriverci sopra delle parole, così come succede oggi nella commercializzazione di un prodotto preconfezionato e di richiamo fine a se stesso ma di rilevante valore produttivo. Operare in questa maniera apre interessanti soluzioni commerciali o può servire ad affermazioni rumoreggianti del proprio io, ma non è mai vera opera d'arte. Il problema è non poter dimostrare le sequenze successive? Rudhiar ci dava una regola per spiegarle, ma la regola stessa non era dimostrabile così come sarebbe potuto essere se fosse stata dimostrata l'esistenza e l'opera di chi ne aveva creato i presupposti esistenziali. Perché nel gioco degli scacchi la pedina può solo andare avanti? Perché altrimenti non sarebbe il gioco degli scacchi. Io rifiuto questa visione del mondo. E' indubbio che se Livingston fosse vissuto dentro una gabbia non sarebbe mai diventato un best-seller. La condizione base era che potesse volare. Sicuramente le sue continue esercitazioni hanno permesso la mistica valorizzazione della sua stessa esistenza. Ma la felicità non nacque, e non nasce, dal superamento dei limiti ai quali si sostituiranno sempre dei nuovi limiti in un gioco perverso e frustrante, ancora più frustrante nella sua perpetua autoesaltazione. La forza del messaggio era il raggiungimento dell'armonia globale con l'immensità. Così come volare in una gabbia, anche spacciare un'esercitazione linguistica, pur di pregiatissimo livello, per una poesia o un'opera artistica costituisce inganno verso i propri e gli altrui ideali. Si possono dare delle basi complementari e ulteriori alla flessibilità di pensiero e analisi usando i più svariati criteri matematici e "contorsionistici", sicuramente utili alla creazione, ma non è mai vera creazione. La mia idea di poesia è che essa più di qualunque opera sia fusione di musica e parole talmente integrate e allo stesso istante partorite da non permettere mai di capire dove finisca una e dove cominci l'altra. Vincolarla a criteri e dogmi ideologici o giochi e anagrammi può essere geniale acrobazia e allo stesso tempo poesicidio spietato. La poesia si libera con un soffio, quasi senza rumore, ma soprattutto non si può pennellare casualmente come delle spruzzate informi su una tela, essa deve avere un senso compiuto e comprensibile ai "comuni mortali" anche nella sua eventuale parvenza di ricercato mistero. L'arte non interpretabile contemporaneamente da dotti e semplici non è arte e sovente resta egoistica sopraffazione e semplice affermazione del proprio ego.
Dove troverò la verità se io stesso non so chi sono?
All'epoca in cui facevo queste considerazioni, scrivevo con lo pseudonimo "Se Es". A Qualcuno era sembrato strano ad esempio che una persona con un tale pseudonimo non amasse le sequenze palindromiche. Dissero: proprio lui parla, cosa vuol significare? un'anima allo specchio o una "specularità" forzata che solo l'artefice possa controllare? c'è il sospetto di un'idea arcaica del dominio che nasconde in sé una debolezza congenita. O una provocazione...
2° parte - La mia idea di poesia e l'espressionismo istantaneo.
Tempo addietro lessi un forum interessante nel quale si rischiò il litigio per la solita eccessiva reazione di alcuni partecipanti. Ricordo che tutti discutevano animatamente sfoggiando argomenti a me poco noti e mi aveva colpito il fatto che nessuno avesse risposto, né a me né ad un'altra persona prima di me, alla stessa domanda. La questione era chi mai fossero gli oplepliani. Mi dissero allora che ero acrimonioso e ignorante e mi astenni dall'esprimere ulteriormente le mie opinioni. Ora, è possibile che io sia come tanti un uomo con le sue debolezze, i suoi limiti e i suoi mutamenti di umore, che la lunga permanenza all'estero, soprattutto in quel periodo, avesse "rallentato" il mio italiano, è possibile che ci sia ancora qualcuno convinto che scrivere in italiano pò con l'accento invece che po' con l'apostrofo sia un errore grave e non, magari, un problema di tastiera, così come è possibile che io non conoscessi per nulla gli oplepliani, volessi saperne di più e non capissi perché se ne parlasse come se fosse una realtà conosciuta al mondo intero.
Non li conoscevo infatti, ma nella mia lunga permanenza in Francia avevo sentito parlare degli oulipiens, termine assai diverso, ancor di più se pronunciato in francese, che identifica un determinato movimento culturale nato in Francia negli anni 60. Ma non li ricordavo più e sapevo anche il perché. Li avevo cancellati dalla mia memoria perché non avevo dato loro all'epoca più importanza di quanto non ne avessi dato al mio preziosissimo quaderno di aste delle scuole elementari o ai solfeggi di musica in un conservatorio. Che sono spesso più faticosi, difficili e complessi che creare musica, beninteso, ma musica non sono e non lo saranno mai.
Ognuno di noi segue le scale e le esercitazioni che più lo appassionano e gli sono congeniali. Certamente non è detto che un "empiriocriticista" debba conoscere les oulipiens, così come non è obbligatorio che un oulipien conosca l'empiriocriticismo. L'uno o l'altro non impersonificano sicuramente un valore per differenziare fra di loro gli esseri umani e ancor meno un artista. E' mia opinione che possano solo differenziare un corso scolastico da un altro e abbiano significato solo a un livello formativo e non di scelta di vita artistica. Nessuno dirà mai che uno studente di ingegneria sia più colto o meritevole di uno studente di lingue tibetane, non potendo sapere se il linguista finirà per lavorare in una compagnia petrolifera o l'ingegnere si trasferirà un domani in Tibet. Un'altra considerazione che mi viene da fare è la seguente: se è vero che "primum vivere deinde philosophari", è altrettanto vero che accoppiando per esempio queste parole a una frase apparentemente banale come la bennattiana "forse vi sembrerà strano ma la ragione mi ha preso la mano" crea un sapore magari stonato e dal retrogusto vagamente contaminato ma sicuramente inconfondibile e reale. Direi che ne aumenta la "profondità" del messaggio se non temessi di essere accusato di "semplicioneria". E qui è il punto principale. Mi hanno detto che la cultura è un valore assoluto e anche che ogni "cultura" è ignoranza delle altre culture. Ma l'arte profanata ha un sapore di universalità che non appartiene a regole conosciute. Non resta che chiedersi: la ricerca di una strada nei dualismi nel periodo in cui viviamo, siano essi l'Es o il Sé o il rosso e il nero, riportano l'uomo a una semplificazione primordiale di sfida e ci fanno dimenticare l'ampiezza dell'universo? E' evidente come le "contraintes" (le chiamerò "costrizioni" d'ora in poi, essendo la corretta traduzione del termine, malgrado gli addetti ai lavori preferiscano la meno severa "restrizioni"), le costrizioni di ogni genere siano di arricchimento continuo alla letteratura contemporanea forse più che nel passato e che senza di esse tecniche come il cut-up o le diverse interpretazioni sulla scrittura creativa non avrebbero mai potuto vedere la luce. Ancora mi chiedo: l'univocità di un'applicazione è utile quando viene abbandonata per un'altra applicazione?
Chi "dualizza" muore di cultura naturale?
I versi che seguono credo riassumano le mie considerazioni.
Polvere del tempo.
Arrampicati sulla giocheria
incuranti del divieto di volare
ridiamo delle vostre risate
perché quando ci avrete guardato
sarete solo polvere nelle nostre mani
guardiani e zimbelli enarmonici
del mio incontenibile
empiriocriticismo.
Esplodendo con voi
fra le brillanti reliquie
non saprete mai quanto
io vi abbia amato
mentre teneramente
vi affidavo al vento
per ritrovare insieme
l'armonia antica.
(Sogni Reali - Aletti Ed.2004)
La giocheria sono i divertissements del quotidiano e il divieto le limitazioni del modulo di vita. Dicevano i seguaci di Mach che il superamento della crisi di cultura ottocentesca, che produsse geni come Einstein, non potesse prescindere da una presa di coscienza sfiduciante dei fatti così come erano ciecamente accettati dalla cultura positivista. L' "armonia antica" è oggi stravolta dal concetto di "esportabilità" del metodo che nella sua fantastica produttività dinamica nasconde anche il rischio dell' "esportabilità" del vizio. Ciò che è esaltante può essere depravante: l'oulipo è francese e riportare in italiano le regole applicate in tale lingua è arduo, così come tentare il vice-versa è altrettanto improbo e spesso utopico. Tutti sappiamo che un bimbo appassionato di basket che si allena ore a tirare di destro sarà da grande un ottimo giocatore scoliotico. Questo è solo uno degli aspetti, ma il campo è troppo vasto per essere approfondito qui. Basti sottolineare ora che come i limiti fisici anche i limiti del cuore possono essere altrettanto subdoli. Gli "empiriocriticisti" avvertivano rischi che paradossalmente l'"alfabetizzazione" di massa aiutò a superare promovendo proprio quell'arricchimento necessario all'espressionismo istantaneo per una maggiore compiutezza, più o meno come accadde alla fotografia quando la riduzione dei costi e la sua divulgazione popolare permisero nel tempo l'affermazione di talenti che non avrebbero mai avuto la possibilità di mettersi in evidenza.
Vi dirò infine perché non amo le "costrizioni": esse diventano un rompicapo scellerato per chiunque si ponga a salvaguardia di una lingua con la logica e nell'ottica della sua "traducibilità" universale. Trovo anche sconcertante e curioso, ma solo in questa veste, che si definisca potenziale qualcosa che di fatto limita la sua stessa autodefinizione prestando il fianco a follie degeneratrici e irrispettose del senso primo di una lingua, che è quello di comunicare.
Ritornando per esempio al gioco palindromico, un arcobaleno non è obbligato ad amare la pioggia che lo anima e la casualità di trovare una pentola d'oro sotto di esso non deve indurci a pensare che questa sia una regola e non una pia illusione. Così la casualità del senso compiuto in un palindromo non deve indurci a pensare che potremo vivere facendo il ricercatore di arcobaleni, come in una scienza/strumento per l'organizzazione dei dati del senso potenziale, in una frustrante e inutile ricerca che si trasformerà presto in un incomprensibile e altrettanto folle giro di valzer. Quanto sostengo sul bifronte è estensibile alla maggior parte dei giochi ludolinguistici. Ci si può quindi domandare se adottare costrizioni mortifichi l'arte, la lingua e lo stesso essere umano?
La poesia è espressione di libertà e cosa c'è al mondo di più istantaneo e perenne dell'idea di libertà? Probabilmente soltanto la vita nella sua più Pura manifestazione di intelligenza universale, dove esplodere e ritrovarsi non è che un interminabile fluire di coscienze la cui energia accompagna ogni istante dell'esistenza. Ogni unica ed irripetibile esistenza, anche quella che "non sapremo mai".
L'ho definita "fusione di parole e musica", "istante di libertà"... in verità non so cosa sia la poesia né se sia parte di noi o il tutto. Mi sembra di mortificarla catalogandola, separandola dagli altri generi artistici.
Sono questi dubbi, questo sgorgare ininterrotto di coscienze che mi fanno affermare: io l'amo.
_________________ Cristiano Sias
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Con los ojos vueltos hacia el espejo de la superficie con los rayos del sol que lo atraviesan. Cristiano Sias |
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26/9-12/11/2006 Poeti serpenti :
26/09/2006 Poeti Serpenti atto 1°: Nuovapoesia.
"Non fummo sempre vipere, prima dell'ultima atroce muta eravamo principi e andavamo in chiari boschi icastici cibandoci di mirti e radici. Le nostre ghiandole non davano veleno, ma latte e miele, ambrosia e nettare che sanavano ferite. Eravamo le mammelle della storia. Parlavamo alla gente e la gente, dotta o stolta, capiva. La nostra voce era chiara, profonda e dolce come un bacio.
Oggi siamo sette di crotali, signori dei silenzi sibilanti in selve oscure, adusi a involgerci in spirali suonando sonagli e sgocciolando bave, pronti ad estrarre tristi denti aguzzi, lesti a svuotare sacche velenose contro gli stessi simili, aspidi in rissa sul bastone d'Hermes. Oggi il mio verso è aspro e tossico, sgradevole a udirsi, e affoga nel veleno introspettivo."
Queste parole - estratte da una poesia ricevuta giorni fa che probabilmente non leggeremo mai su Internet - mi offrono lo spunto per alcune considerazioni.
Ci sono, all'origine di questo articolo, anche uno scambio recente di mail e messaggi e un'esperienza interattiva pluriennale. Mi scrisse un poeta, non molto tempo addietro: "In qualità di amministratore, non ti dovresti lasciare andare a certe affermazioni. C'è la necessità di restare neutri. Ma non tutti ne sono capaci.".
Non sono assolutamente d'accordo con queste parole.
"Io, oramai, ce l'ho con la poesia e coi poeti contemporanei per la loro incapacità di comunicare ed unire" - leggo ancora, in un altro messaggio - "Piace e si sceglie, purtroppo, quello che assomiglia" e ancora "Questo mondo non m'interessa, Cristiano. Non si confà al mio spirito... troppo veleno, troppa incomprensione, troppe chiacchiere, commenti ed esibizionismi, troppo tempo sprecato.".
Leggendole, non ho saputo trattenere le lacrime, come quando un amico si allontana da te o credi in un sogno e questo si sfalda alla prima burrasca. Mi sono detto: "cosa faccio ora io?".
Tanti di noi hanno superato incredibili tempeste e "piogge fini" e sicuramente non ci manca l'esperienza di "serpenti" o situazioni in cui persino Sincerità diventava nemica di Amicizia, Conoscenza e Rispetto. Altre volte, noi stessi, sempre per Amicizia, Conoscenza e Rispetto, abbiamo mancato in Sincerità, fornendo una visione confusa dei nostri intenti. Io credo che non si debba temere il giudizio del lettore attento, anche quando rischi di apparire, ad occhi distratti, una situazione "diversa".
Che i serpenti esistano, e siano così come dice l'incipit in apertura, lo sapevamo ieri e lo sappiamo oggi. Chi siano costoro, forse anche. Su Nuovapoesia, per esempio, sapevamo che ci avrebbero attaccati e che li avremmo "gestiti". Poi hanno sferrato attacchi che mi hanno anche tenuto in piedi la notte. Li ho fronteggiati e ho vinto. Forse altre volte perderò. Ugualmente sapevamo che si sarebbero quindi lentamente auto-eliminati, e rifugiati nelle loro tane, per poi forse ritornare. Che c'importa? Quello che a volte può sembrare un danno, spesso si trasforma in un vantaggio. A quelle parole risposi d'impeto, alla mia maniera: "Nuovapoesia non è Net Poetry, essa è New Poetry. Dobbiamo essere noi a decidere come essa dovrà vivere e svilupparsi. Se un giorno resteranno anche solo 50 poeti, che ci importa? Se fosse un sito come tutti gli altri, avrei forse cancellato oltre trenta iscritti, in un mondo dove contano i numeri più che l'essenza delle cose? Dobbiamo solo capire se e come Nuovapoesia possa aiutarci a realizzare quello che amiamo veramente. Che la si inserisca nel marasma collettivo mi fa male. Piuttosto, che essa scompaia." In più di un caso ho creduto che avrei potuto lottare insieme a qualcuno e mi sono trovato da solo. Per me ogni volta è stato un duro colpo. Gli ultimi giorni non sono stati facili per me.
Nuovapoesia doveva essere, ed è, diversa. In questa direzione si deve lavorare.
Le aspirazioni, i sogni e i programmi di ognuno non possono e non devono essere incompatibili con questo, mentre possono esserlo ad esempio altri luoghi più "reali" come certi concorsi e certi reading di facciata. Sarebbe sicuramente un errore abbandonare forse l'unico spazio gestibile e di vera passione oggi esistente. Ognuno di noi ha bisogno periodicamente di riflessione e di "ripulirsi" dalle scorie del morbo di internet con le sue "tentazioni" livellanti, che ci fanno perdere di vista le sfumature, uniformare le persone, come un virus che corrode lentamente la capacità di cogliere le differenze e la sensibilità d'intervento. Sono forse meno pericolosi i virus delle cosiddette "culture ufficiali"? Cancellare una poesia in un sito, ad esempio, è un diritto di ogni autore, ma farlo in nome di questi bisogni sarebbe come ammazzare un seme e "rinnegare il passato", oltre che una mancanza di rispetto verso chi l'ha commentata, spendendo il suo tempo e la sua sensibilità su quelle parole, restate come foglie senza un albero, "pesi sospesi" inutili sotto il vuoto più triste.
Proprio ieri ho ricevuto questo messaggio privato. Lo pubblico d'istinto, mantenendo la privacy dell'autore, senza interpellarlo vista l'ora, così come per la poesia in apertura, sicuro che nessuno se l'avrà a male, perché è per il bene di tutti:
"Da quel poco che ho potuto intuire e leggere, questo sito che hai "fortemente" voluto, non dovrebbe essere comparato a nessun altro. I siti chat-pseudo letterari li ho definitivamente abbandonati ... (omissis)... fa. La famosa nausea Sartriana aveva "colpito" anche me. Recensirei il tuo sito così : il luogo dove ognuno è libero di postare poesie, narrativa, senza ledere la dignità altrui; forti dell'esperienza negativa-aberrante-alienante di altri siti, con il puro intento di scrivere, leggere, commentare per crescere ed accrescersi. La libertà di pensiero e scrittura possono civilmente coesistere tra i poeti veterani e coloro che sono ancora agli albori di un cammino percorribile; insieme per amore della scrittura, insieme per conoscerci attraverso le parole, insieme nel dialogo costruttivo e perché no!, anche confidenziale.
Un salotto letterario fuori dal marciume del Net. Se questo non è stato compreso, mi rincresce. Il tuo messaggio è stato chiaro e trasparente. Ma come sai la gramigna cerca continuamente nuovi "campi" da invadere. "
Gramigna... cosa mi ricorda? Circa due mesi fa, a due autori che mi dedicavano una poesia, scrissi queste parole a commento: "io non sono il padrone qui. Certo, ho creato questo "piccolo sito", lo gestisco con l'aiuto di qualche amico, fra i mille impegni e col mio poco tempo a disposizione, ho stabilito le regole, mi sono eletto guida e consigliere e ho cercato di mettere la prima pietra di...come lo vogliamo chiamare?... di un sogno? Cosa sono qualche ora di sonno perso di fronte a questo? E cosa sarebbe questo posto senza la vostra presenza? "Niente". Proprio niente. Voi. Siete voi, questo sito è vostro. Abbiatene cura. Chissà, un domani potrebbe diventare grande. E se non sarà così sarà sempre stata una "grande" esperienza. Abbiatene cura, come un giardino dove ogni tanto potersi sedere su una panchina e scambiare due parole ammirando i fiori. Serenamente. Io... sono soltanto un giardiniere."
Ultimamente, come in passato, si sono iscritte persone che non scrivevano su internet da mesi e anni. Essi credono in me e nell'idea piccola, semplice semplice, di Nuovapoesia. Sono spesso stanco, e non riesco a starci dietro, ma anche dovessi restare solo e cadere, non posso deluderli.
Non deludiamoli.
12/11/2006 Poeti Serpenti atto 2°: la coerenza non è un antivirus.
Ricordate l'articolo "Poeti Serpenti e Nuovapoesia"? Citavo in quel brano un recente messaggio di un poeta che mi diceva: "Io, oramai, ce l'ho con la poesia e coi poeti contemporanei per la loro incapacità di comunicare ed unire" - e aggiungeva, in un altro messaggio - "Piace e si sceglie, purtroppo, quello che assomiglia" e ancora "Questo mondo non m'interessa, Cristiano. Non si confà al mio spirito... troppo veleno, troppa incomprensione, troppe chiacchiere, commenti ed esibizionismi, troppo tempo sprecato".
Leggendole, raccontai, non avevo saputo trattenere le lacrime, "come quando un amico si allontana da te o credi in un sogno e ..."
In realtà quello scambio di messaggi fu molto più articolato e spaziava dal senso della cultura al senso della vita. Vi riporto ora qui un breve estratto, mantenendo l'anonimato dell'autore che sicuramente si riconoscerà. In chiusura ne capirete il motivo.
Il tutto iniziò con questa affermazione: "In questi giorni ho distrutto il 70% della mia ultima produzione, sia in rete sia sul PC, sia su carta" (omissis) "questo è il mio testamento poetico". Era il 24 settembre, meno di un mese e mezzo fa. Il messaggio continuava: "Questo mondo non m'interessa, Cristiano. Non si confà al mio spirito." (omissis) "Devo lavorare di lima i miei poemetti, devo completare il poema (omissis), voglio concludere tutte le prose prima citate ed incompiute, frutti di dieci anni d'idee. Sono esercizi, questi, che mi consentiranno di ricercare, di studiare, di crescere culturalmente e, soprattutto, di divertirmi. Posso farlo solo ritornando, all'antica (omissis). Non voglio più leggere il nome di Rixxx/Mamxxxxxx o di altre casalinghe depresse della letteratura "fai da te". Mi angosciano. (omissis) Ci rincontreremo, ne sono certo. Non in net-poetry interattiva, però: troppo veleno, troppa incomprensione, troppe chiacchiere, commenti ed esibizionismi, troppo tempo sprecato e, d'altra parte, considero la mia stessa esperienza di produzione poetica conclusa, almeno per i prossimi anni. Per il resto: stammi bene e non volermene per questa mia decisione. Nuovapoesia non c'entra".
In un messaggio immediatamente successivo aggiungeva: "Ma, caro Cristiano, forse non mi sono spiegato bene. Tu non hai alcuna responsabilità. (omissis) Il problema sono io, Cris. "xxxxxxxx" è una delle poche mie opere in versi, successive a quelle iniziali, che ha un suo senso, un suo motivo d'esistere. Il resto della mia produzione, appena una mezza dozzina escluse, è pattume, roba da cestino. Te l'ho scritto: la mia poesia originale aveva un cuore antico. Ora non amo più le strofe che scrivo e quello che amerei versificare non ha lettori. Ecco perché, in "xxxxxxxx", lascio che l'ultimo verso anneghi nel veleno introspettivo, il solo liquido nel quale l'uomo contemporaneo si sollazza di sguazzare. Il mio genere è didascalico, morale, storico, filosofico. Io non "emoziono", io studio, medito e comunico, rifletto e faccio riflettere, talvolta predico, qualche volta insegno. Non posso consentire ad una xxxxx qualsiasi di affermare che le mie poesie non hanno anima o ad una xxxxx che mi do delle arie. Non posso spiegare, a chi è privo d'ogni conoscenza letteraria, che (omissis) ho parlato ai semplici (omissis) e ai dotti, (omissis). I nostri interlocutori, purtroppo, non sono né semplici né dotti, non appartengono a nessuna di queste due eccelse categorie. I nostri interlocutori, caro Cris, hanno sviluppato un atteggiamento critico senza possederne le competenze. Essi, pur scrivendo talvolta qualche buona poesiola, semplicemente "si emozionano". Al mio genere non sono sufficienti le dieci-dodici canoniche stanze, con un massimo 48 versi, per esprimersi. Di più, però, l'uomo contemporaneo non legge, di più non leggerebbero i cinquanta eccelsi poeti che potrebbero, un giorno, giungere in Nuovapoesia. La poesia, in ogni caso, non si scrive per i poeti ma per l'uomo qualunque, quell'uomo che non compra più i libri di poesia (omissis) perché sono opere di sette che si esprimono non in letterale, non in allegorico icastico ma in serpentese, come me nell'ultima mia. Quest'arte da sette di falsi moderni esoterici non m'interessa più, Cristiano. Tanto vale, allora, siccome la scrittura è per noi come una droga, che io ritorni alla prosa e alle monografie, alla critica estetica in primo luogo. Ognuno, in fondo, dovrebbe agire secondo le proprie qualità, non secondo i desideri. Ho scritto migliaia di versi che mi hanno procurato solo amarezze e conflitti dialettici. La saggistica e la prosa (alle quali ho dedicato molto meno tempo) mi hanno portato, invece, soltanto soddisfazioni. Devo considerarlo un segno del destino.".
E concludeva "Io non scriverò più versi, Cris, è una decisione irrevocabile e, perciò, non sono più in grado di alimentare un nick di poesia in rete. Questo non mi esimerà di pubblicare, tra qualche mese, in primo luogo su Nuovapoesia, una mia critica intitolata "xxxxxxxx". Mi prendo del tempo perchè desidero che essa sia una "Lectio magistralis" di uno che la poesia l'ha praticata con cognizione di causa. Lo farò, soprattutto, per sgombrare il campo dall'ipotesi che io possa aver preso le distanze da te. Io ho preso le distanze dalla poesia contemporanea, caro Cristiano. Ti prego di voler comprendere una scelta meditata, donde la lunghezza di questa mia. Stammi bene. Con stima ed affetto.".
...
Una "scelta meditata"... la stessa persona, solo due settimane dopo, il 12/10 alle 2 di notte mi scriveva "fai bene a ragionare sull'"evoluzione del simbolismo": mi darai modo di rispondere, a te in maniera pacata, su questo aspetto che più deleterio non può essere, e che merita un po' di chiarimenti. Sempre se tu ritieni che la cosa sia interessante", salvo poi scrivermi prima delle 14 dello stesso giorno "Il problema dell'ottica filosofica vista in chiave trasformista ed evolutiva è tuo, non mio" e scrivermi pubblicamente, ancora neanche 8 ore dopo "ma che fa, lei, legge il simbolo del tapiro di "Striscia la Notizia" in chiave filosofica ed evolutiva? Ma come vuole che si possa evolvere, quella figura di merda mediatica? Speriamo, piuttosto, che dapprima si congeli e poi svanisca.".
Questa persona, un valente studioso, critico e poeta, che aveva preso la "decisione irrevocabile" di non scrivere più versi e che aveva scritto "il suo testamento poetico", questo scrittore angosciato dai nomi di Rixxx/Mamxxxxxx o di altre casalinghe depresse della letteratura "fai da te", che affermava che mai più ci saremo incontrati in net-poetry interattiva, per il troppo veleno, la troppa incomprensione, le troppe chiacchiere, commenti ed esibizionismi, il troppo "tempo sprecato", e che considerava la sua stessa esperienza di produzione poetica "conclusa", almeno "per i prossimi anni"... neanche 10 giorni dopo queste importanti affermazioni di "scelta artistica e esistenziale" già pubblicava vecchie e nuove poesie e commentava con regolarità in uno dei più grossi siti di scrittura, noto proprio per le polemiche, le beghe, i cloni, per le casalinghe depresse, i ragazzini frustrati, le bands del voto, per essere stato uno dei terreni di battaglia più feroci da cui era nata la "Nouvelle Nausée" e per gli attacchi spietati in cui regolarmente schiere di "sette di falsi moderni esoterici" si confrontavano e si confrontano tuttora.
La Nouvelle Nausée, come "l'angelo incazzato che fa più paura di mille diavoli" si rivolta anche contro sé stessa.
E' internet il problema, il virus, o l'uomo stesso? La scrittura è una droga? Abbiamo perduto il controllo della parola? "Piace e si sceglie, purtroppo, quello che assomiglia..." e pur trovando una risposta a queste domande, quale mai potrebbe essere l'antivirus, l'antidoto?
Non certo una "Lectio magistralis"... come questa.
_________________ Cristiano Sias
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18/6/2006 - Il burattinaio senza fili
E' tempo di aria nuova a Genova. Nel giro di sette giorni sono passato da "una delle più importanti" manifestazioni poetiche nazionali nel Casentino a quello che dovrebbe essere il maggior punto di riferimento poetico della Liguria: il Festival Internazionale della Poesia. Ho partecipato insomma ad una manifestazione di puro stampo lobbystico fra giovani promesse, cariatidi imbalsamate e poesie declamate e lodate alla ricerca di musiche e anime inesistenti, per ritrovarmi ieri nel più classico tentativo di vendere fumo come arte, perpetrato sotto gli occhi del pubblico sostegno. Anche in quell'occasione (nel Casentino ndr), dove ricevetti incredibilmente un riconoscimento insieme a personalità di ben altro spicco come l'ex ministro Sirchia, ricordo che a un certo punto, trovandomi al suo fianco, mentre lo intervistava una giornalista televisiva, mi chiesi ancora "cosa ci faccio qui io?". E cosa ci faceva lui?
Dopo le vergogne degli anni precedenti, in cui si classificarono al primo posto poesie che evidenziavano il loro maggior pregio in anafore come "Belin belin belin" (persino chi non è di Genova sa cosa significa), sui volantini e nella pubblicità di questa edizione del Festival anche quest'anno i nomi erano altisonanti: fra i principali, la Regione, Provincia e Comune, la Carige, il marchio riciclato di Genova Città Europea della Cultura 2004, l'immancabile Secolo XIX e l'associazione del "direttore dei lavori" Claudio Pozzani.
Richiamato da una mail attraente e da un progetto apparentemente interessante, e sollecitato dai tanti amici presenti alla manifestazione, confermai la mia presenza anche al buffet serale nonostante la mia naturale diffidenza. Già in passato mi ero discretamente ritirato dal circolo collegato all'editore organizzatore dell'evento e - in un passato ancor più recente - da una proposta editoriale dello stesso, per diversità di vedute sul modus operandi di quella struttura.
Ciò cui ho assistito ha però dell'incredibile! Non tanto per la sparuta partecipazione - il sottoscritto da solo raccolse il doppio delle persone presenti ieri al Palazzo Ducale, in almeno un paio delle modeste presentazioni dell'ultima raccolta - ma per la pochezza organizzativa e l'atteggiamento delirante sul palco del Patron della manifestazione.
Le parole che ho sentito infatti avevano ben poco di poetico: anche qui c'era un'anafora d'effetto ripetuta più volte: " vi butto fuori" e un atteggiamento strafottente in un delirio d'onnipotenza, forse scaturito dalla convinzione di essere ormai il deus ex macchina della cultura locale, forte di amicizie e coperture giornalistiche/politiche che pongono simili personaggi come riferimenti culturali del territorio, e forse anche della loro assenza (compresa quella del direttore del Festival, come sempre splendidamente impegnato altrove) nel sabato centrale di tutta la manifestazione.
Non è scopo di questo articolo entrare nei dettagli di una serata deprimente, intendo precisarne solo un aspetto particolarmente esemplificativo rivolgendomi direttamente all'interessato, come è mio costume, in un mondo ormai abituato alle parole riferite e/o mal interpretate:
Caro Antonello Cassan, fermo restando il fatto che poteva sembrare interessante l'idea di coordinare gli autori in 5 presentazioni annue, pur trasformandoli in piccoli venditori ambulanti costretti ad attraversare l'Italia con un tavolino e tutti i libri della collana, con quale diritto ti arroghi il controllo anche della gestione delle loro passioni e intenzioni? Io del mio libro farò sempre quello che ritengo sia giusto, e se un giorno dovessi decidere di comprarne mille copie per regalarle ad altrettanti parenti ed amici, non sarai certo tu a "buttarmi fuori" per questo.
Ma infine, che c'entrava tutto ciò con un Festival internazionale e con il Palazzo Ducale?
In realtà ieri è venuta fuori la vera faccia di liberodiscrivere.it, in linea con le più attuali tendenze "ideologiche" del controllo dell'editoria sul Net e nella distribuzione. Al macero dunque tutti gli "irregolari", i Net Writers, gli innamorati dell'arte. Soltanto chi supererà l'esame della commissione regnante e si adeguerà al sistema potrà inviare anche solo una cartolina con un endecasillabo scritto sopra.
Miei cari signori, ammettetelo: a voi non interessa la Poesia! A voi interessa solo vendere libri e il vostro nome, e se per questo dovete usare la gente, che importa?
Ed ecco il risultato: un "padrone" che minaccia e alza la voce su un palco e alcuni ex rivoluzionari, poeti di ghetto, avanguardisti della parola, equilibristi del senso, in giacca o pigiamino come devoti cagnolini ai suoi piedi.
Io non capisco, ho conosciuto dei buoni artisti, delle idee e delle concezioni ideali: dove sono finite? Come potete lasciarvi trattare così? Come potete permettere questo? E le cose non sono certo migliorate quando un certo "lupo dagli occhi rossi" (ma era un festival di poesia o di cartoons?) ha cominciato a declamare i primi versi in una maniera che avrebbe fatto fare uova di cioccolato anche alle galline più refrattarie del Net.
"Un altro che declama, per dare ai versi una musicalità che non c'è", ho pensato.
Disgustato, sono fuggito insieme a mia figlia, giovane poeta d'avanguardia che a soli 16 anni non poteva assistere a tali sceneggiate, e mi sono rifugiato nei volantini della manifestazione per trovare uno sfogo alternativo alla serata così miseramente cominciata. Seguendo questi volantini ho quindi fatto chilometri: vi erano annunciate iniziative strabilianti, anche le stesse iniziative in posti diversi (?) di cui nessuno era a conoscenza, nemmeno gli info-point di Porto Antico. Una in particolare aveva un titolo pretenzioso "la Poesia nel pallone" e parlava del Palazzo Ducale. Un altro parlava della stessa manifestazione al Banano Tsunami del Porto. Dopo aver girato il Porto alla ricerca di questo Banano finalmente l'ho trovato: nessun posto a sedere su un molo di 100 mq disponibili e un "grande schermo" di un metro e mezzo per un metro rivolto verso la cucina del bar. Sì proprio in un punto dove nessuno poteva vederlo!
La prossima volta potrei stampare un volantino e fare un festival universale della letteratura nel salotto di casa mia, almeno staremmo più comodi.
Miei cari signori, ma che fate con i soldi della comunità? Perché vi inventate delle manifestazioni inesistenti e tutti quei bla-bla senza sbocco? Per qualche finanziamento? Per far vedere come siete bravi a stampare in tempo utile dei volantini tutti colorati?
Naturalmente potrete dire che non è vero, che la sera c'era la partita, che quest'anno vi hanno tagliato i finanziamenti ecc ecc. Conosco Claudio Pozzani dal 2001 e ogni anno l'ho sentito lamentarsi perché non c'erano abbastanza soldi, eppure è sempre lì, col suo nome scritto dappertutto. Come tutti gli altri. Un bello spirito di sacrificio!
Sì, è tempo di aria nuova a Genova e in Italia. Ieri sono scappato dalla cultura, visto che la cultura è questo. Ci siamo rifugiati in un ristorante semivuoto dove sorridenti signorine ci portavano piatti sinceri davanti alla partita della Nazionale. E alla fine, canzoni e intrattenimento da parte di artisti da strada e un imitatore di Renato Zero che ci ha fatto sorridere e divertire fino a notte inoltrata. Ecco, ho pensato, dove è rimasta la cultura: negli angoli sperduti dei senzadio, nelle loro anime povere e semplici che forse ormai sono restate le sole a capire che cosa essa veramente sia. Perdonaci Faber.
Questa che vi allego è la "loro poesia", amici e nemici, qualunque cosa voi possiate dire fare o inventare: e a voi tutti la dedico.
_________________ Cristiano Sias
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